Pasqua 2021

È trascorso un anno dal primo lockdown quando cantavamo con lo sconosciuto vicino, trovando conforto in quel calore che, per un tempo ancora indefinito, non sarebbe potuto essere fisico. Ora non siamo più quelli della fase 1… e non è solo il silenzio dei balconi a raccontarcelo. Con l’estate, non è finita. Con l’inverno, è ricominciata peggio di prima. E rieccoci qui, su quei balconi silenziosi, che non hanno più voglia di cantare con l’altro.

Ci ritroviamo tutti logorati e lacerati: logorati perché la partenza spedita – che doveva, nelle illusioni, essere preavviso di una corsa breve – ha lasciato il passo a una maratona, con accrescimento della fatica; lacerati perché la nostra capacità di fare rete con gli altri si è fatta più debole: avvertiamo l’emergere di un maggiore individualismo tra persone e  gruppi sociali e l’affievolirsi della solidarietà in una comunità che sente avvicinarsi l’uscita dal tunnel e sa di doverne uscire insieme.

Siamo come quei discepoli di cui ci parla il vangelo – proclamato nell’Eucaristia della sera di Pasqua – che, col passo lento e riluttante di chi ha visto frantumarsi il sogno di una vita, vanno da Gerusalemme verso Emmaus. Sono uomini d’anonima ferialità, scottati da un sogno infranto  che ora li lascia lacerarsi nella delusione. La sconfitta brucia e la tristezza avvolge i loro cuori, ne rende gli occhi pesanti, incapaci di vedere ciò che succede attorno a loro; sono ancora legati al passato perché sembra precluso loro ogni possibilità di futuro: noi speravamo… Cercano di fuggire dal dolore ma si muovono senza una direzione, cercano un senso ma non vanno oltre.

Sono in cammino e Gesù li raggiunge: non accetta che ognuno rincasi nella sua Emmaus col cuore affaticato di chi s’è visto venir meno la speranza. S’accostò, finse di non saperne nulla, accolse la loro delusa narrazione e accettò di sentirsi rinfacciare il timore d’essere stati incauti nell’aver dato fiducia ad un cantastorie. L’annuncio della resurrezione, che pure i due avevano ricevuto – alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti… – non è «digeribile», non è consono alle loro aspettative

Gesù è pronto a spiegare che la vita ha un senso, che i dolori non sono strazi di agonia ma soltanto le doglie di un parto d’amore, che la vita vince sulla morte.

E consegna ai due delusi di Emmaus un’altra storia, ovvero un’altra interpretazione di quanto accaduto, basata su una lettura che infonde speranza e scalda il cuore. Se quei discepoli avevano chiuso la loro esperienza con il sigillo della sconfitta, la parola del Risorto riapre le loro tombe.

Anche «in questo momento in cui le nostre categorie e il nostro modo di pensare vengono scossi, le priorità e gli stili di vita sono messi in discussione. Per scelta o per necessità attraversiamo una soglia»,[1] il Signore non è scomparso. Anche adesso Lui è in azione: È risuscitato dai morti e ora vi precede in Galilea…

«Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No la resurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non “scavalca” la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene. Marchio esclusivo del potere di Dio».[2]

Credere a questo annuncio cambia la prospettiva della vita; se non si crede a questo annuncio si continua a vivere in ostaggio del sepolcro. Non può essere che così: la Pasqua di Cristo, la sua stessa vita, passa attraverso le nostre vite, le nostre storie fragili, le rianima e le trasforma. Non viene consegnata in un kit di montaggio, ma sboccia in una trama di vita che realizza il sogno immenso di Dio sull’uomo.

Pasqua è una realtà che cresce, ci chiede di uscire, camminare, maturare… tutta la vita si regge su queste dinamiche: Pasqua – scrive Erri De Luca – «è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale risurrezione. Pasqua è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere».

Se «ci siamo trovati impauriti e smarriti […] (e) ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda»[3] la Risurrezione è l’annuncio che le cose possono cambiare: è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione: non la distruzione, non la fine, non il precipitare nel nulla.

Ritroviamo il coraggio, che non conosce frontiere, lasciamoci condurre creativamente nei luoghi dove la speranza e la vita stanno combattendo: «… sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi operatori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri ad ogni costo, atleti della parola pace» (Erri De Luca).

E quando il coraggio e la speranza sembrano venir meno …

Aiutaci, Signore, a portare avanti nel mondo e dentro di noi la tua resurrezione.

Donaci la forza di frantumare tutte le tombe in cui la prepotenza, l’ingiustizia, la ricchezza, l’egoismo, il peccato, la solitudine, la malattia, il tradimento, la miseria, l’indifferenza, hanno murato gli uomini vivi.

E mettici una grande speranza nel cuore. (don Tonino Bello)

 

Insieme riprendiamo con speranza il cammino della nostra vita!

Un coraggioso augurio di Buona Pasqua !

 

don Antonio

[1]Francesco, Ritorniamo a sognare. La strada vero un futuro migliore, GEDI-Piemme, Milano 2020, 5

[2]Francesco, Messaggio Urbi et orbi – Pasqua 2020, Basilica di San Pietro 12 aprile 2020

[3] Francesco, Meditazione, piazza San Pietro 27 marzo 2020.