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In questi giorni avete riflettuto perciò sulla vita affettiva e sulla famiglia, sul lavoro e sulla festa, sull’educazione e la cultura, sulle condizioni di povertà e di malattia, sui doveri e le responsabilità della vita sociale e politica.
Per parte mia vorrei sottolineare come, attraverso questa multiforme testimonianza, debba emergere soprattutto quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza. San Paolo nella Lettera ai Filippesi ha scritto: “Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (4,8). I discepoli di Cristo riconoscono pertanto e accolgono volentieri gli autentici valori della cultura del nostro tempo, come la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico, i diritti dell’uomo, la libertà religiosa, la democrazia. Non ignorano e non sottovalutano però quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino dell’uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca. Perciò l’opera di evangelizzazione non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, un taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento, un’apertura che consente di nascere a quella “creatura nuova” (2Cor 5,17; Gal 6,15) che è il frutto dello Spirito Santo.


Come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, all’inizio dell’essere cristiano – e quindi all’origine della nostra testimonianza di credenti – non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, “che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1). La fecondità di questo incontro si manifesta, in maniera peculiare e creativa, anche nell’attuale contesto umano e culturale, anzitutto in rapporto alla ragione che ha dato vita alle scienze moderne e alle relative tecnologie. Una caratteristica fondamentale di queste ultime è infatti l’impiego sistematico degli strumenti della matematica per poter operare con la natura e mettere al nostro servizio le sue immense energie. La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. È questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il “progetto culturale” della Chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un’intuizione felice e un contributo assai importante.


La persona umana. Ragione, intelligenza, amore


La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta. Perciò si interroga e spesso si smarrisce di fronte alle durezze della vita, al male che esiste nel mondo e che appare tanto forte e, al contempo, radicalmente privo di senso.


In particolare nella nostra epoca, nonostante tutti i progressi compiuti, il male non è affatto vinto; anzi, il suo potere sembra rafforzarsi e vengono presto smascherati tutti i tentativi di nasconderlo, come dimostrano sia l’esperienza quotidiana sia le grandi vicende storiche. Ritorna dunque, insistente, la domanda se nella nostra vita ci possa essere uno spazio sicuro per l’amore autentico e, in ultima analisi, se il mondo sia davvero l’opera della sapienza di Dio. Qui, molto più di ogni ragionamento umano, ci soccorre la novità sconvolgente della rivelazione biblica: il Creatore del cielo e della terra, l’unico Dio che è la sorgente di ogni essere ama personalmente l’uomo, lo ama appassionatamente e vuole essere a sua volta amato da lui. Dà vita perciò a una storia d’amore con Israele, il suo popolo, e in questa vicenda, di fronte ai tradimenti del popolo, il suo amore si mostra ricco di inesauribile fedeltà e misericordia, è l’amore che perdona al di là di ogni limite. In Gesù Cristo un tale atteggiamento raggiunge la sua forma estrema, inaudita e drammatica: in Lui infatti Dio si fa uno di noi, nostro fratello in umanità, e addirittura sacrifica la sua vita per noi. Nella morte in croce si compie dunque “quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale”, nel quale si manifesta cosa significhi che “Dio è amore” (1 Gv 4,8) e si comprende anche come debba definirsi l’amore autentico (cfr Enc. Deus caritas est, nn. 9-10 e 12).


Proprio perché ci ama veramente, Dio rispetta e salva la nostra libertà. Al potere del male e del peccato non oppone un potere più grande, ma – come ci ha detto il nostro amato Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica Dives in misericordia e, da ultimo, nel libro Memoria e identità – preferisce porre il limite della sua pazienza e della sua misericordia, quel limite


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