Le logiche divisive che frenano il Paese

________________________________di Dino Perrone

 

 

Crisi economica, disoccupazione, scollamento fra istituzioni e cittadini. Il 2015 reca sulle spalle la pesante eredità degli ultimi dodici mesi. E’ necessario un cambio di passo e di mentalità per riprendere il cammino nel segno di una rinnovata concordia
 
Il nuovo anno è cominciato nella maniera più ovvia, ovvero come logica prosecuzione di quello da poco andato in archivio. Ci troviamo dinanzi, infatti, gli stessi problemi e le stesse urgenze che hanno caratterizzato il percorso fin troppo accidentato degli ultimi dodici mesi.
Un anno, quindi, che nasce già ‘vecchio’, con troppe sembianze di cose viste e vissute in precedenza.
Del resto, l’Italia di oggi è questa e non può certo bastare lo scoccare della mezzanotte di San Silvestro per modificare lo stato delle cose.
L’Italia è questa, con le sue insufficienze, i suoi limiti ma anche con le sue inespresse potenzialità e con essa dovremo misurarci nel prossimo futuro. L’auspicio è che nei mesi a venire non prevalgano ancora quelle logiche divisive che da tempo frenano la soluzione dei problemi.
Logiche divisive pronte a manifestarsi in ogni ambito della vita del Paese.
Ne abbiamo avuto fragorosa e recente riprova anche nello scorcio finale del 2014, laddove l’approvazione della riforma del lavoro da parte del Parlamento ha posto in evidenza l’esistenza di visioni duramente contrapposte che non hanno trovato ma neppure cercato un comune terreno d’intesa.
In particolare continua a destare più di una perplessità il fatto che questa riforma, per quanto riguarda la flessibilità, non ha inciso nel settore pubblico, esclusivamente concentrandosi su quello privato. In tal modo si alimenta la sgradevole sensazione di avere adottato un criterio che, pur certamente non volendolo, alla lunga rischia di dividere il mondo del lavoro e di salvaguardare anche quelle sacche di inefficienza purtroppo presenti nella pubblica amministrazione italiana.
E certo non giova all’immagine del settore pubblico il dato, sconcertante ed inaccettabile, relativo alla percentuale di assenteismo degli impiegati statali venuto fuori all’indomani delle roventi polemiche sulle assenze per malattia dei vigili urbani della Capitale verificatesi in coda al 2014.
In questo senso mi sento di condividere in pieno il ragionamento fatto di recente dal sottosegretario Graziano Delrio che ha sostenuto che l’efficienza della pubblica amministrazione ‘non è una cosa che uno Stato si può permettere di avere o non avere’, aggiungendo che chi svolge un servizio in un ente pubblico ‘deve essere più responsabile di chi lo svolge nel privato’.
Il punto però è che oggi, a differenza del settore privato, non vi è alcuna sanzione se questa responsabilità viene meno. Lo scarso rendimento, sempre a differenza di ciò che avviene nel settore privato, quasi mai conduce a drastiche conseguenze.
Logiche divisive, appunto. Logiche che allontanano nel tempo la soluzione dei problemi.
Logiche che guidano anche la contrapposizione crescente fra impresa e lavoro. Un contrasto che non dovrebbe avere ragion d’essere, dal momento che in una economia matura è l’impresa, specie l’impresa di qualità, che crea e difende il lavoro.
Appare auspicabile, allora, un cambio di mentalità che garantisca al Paese l’adozione di strumenti adatti a ritrovare i suoi talenti ed i suoi valori più autentici. Un cambio di mentalità capace di assicurare un cammino meno accidentato, nel segno di una ritrovata concordia.
Tutto questo, giova ripeterlo, a mio avviso non vuol dire affatto eliminare tesi e visioni differenti in nome di un acritico quanto impossibile unanimismo. Vuol dire solo che, in una democrazia adulta come la nostra, si deve essere capaci di trovare una comunanza di intenti che si arricchisca proprio a partire dalle tante differenze.
Sempre a proposito di logiche divisive da riuscire a superare. Le prossime settimane saranno molto delicate, essendo in calendario l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Un passaggio cruciale per la tenuta e la credibilità del nostro apparato istituzionale. E’ auspicabile che le forze politiche riescano a trovare la più larga intesa possibile, evitando inutili lacerazioni e prove di forza e facendo invece prevalere il senso di responsabilità necessario a garantire che al Quirinale venga eletto un Capo dello Stato al di sopra delle parti e che sia autentica espressione di una larga e matura condivisione.
Sarebbe un buon viatico per affrontare mesi, i prossimi, che per l’Italia si annunciano ancora molto laceranti e difficili.
 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI