La lunga notte di un Paese impaurito dal futuro

___________________________________di Dino Perrone

 

Continuano ad arrivare segnali preoccupanti sul fronte economico. La ripresa resta sempre molto lontana, al di là degli annunci e delle buone intenzioni. E davvero, come sottolineato dai vescovi italiani, c’è anche il rischio di una profonda ‘depressione spirituale’

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato che dalla profonda crisi economica in cui è immersa l’Italia si esce solo attraverso ‘politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione, dirette soprattutto e più efficacemente ai giovani’.
Nonostante l’autorevole e severo monito, tuttavia, non è che si scorgano molte tracce di queste politiche di segno nuovo capaci, oltre che di rilanciare l’economia, anche di superare i tanti conservatorismi e corporativismi che paralizzano, tenendolo prigioniero, il nostro Paese.
Basti osservare il cammino accidentato che deve affrontare il governo Renzi per condurre in porto una prima, parziale e per certi aspetti ancora molto timida e contraddittoria, riforma del mercato del lavoro.
Stiamo assistendo al riproporsi delle solite contrapposizioni, dei soliti veti incrociati, delle stanche liturgie che hanno caratterizzato le precedenti stagioni politiche. Sotto questo aspetto, e dinanzi alla messa in scena di certi spettacoli sempre più noiosi, sembriamo davvero di vivere in un Paese che non riesce a redimersi.
Intanto i principali indicatori economici continuano a picchiare duro sulla nostra economia, costringendo ancora una volta a rivedere al ribasso certe disinvolte e fin troppo ottimistiche previsioni.
Si comprende allora perchè, mentre il prodotto interno lordo registra una significativa flessione anche nel terzo trimestre dell’anno ed il pareggio di bilancio è slittato ormai al 2017, il ministro Padoan non abbia usato giri di parole nel definire ‘deteriorato’ il nostro quadro economico.
In sostanza, siamo ancora nel bel mezzo della notte. E non basta rannicchiarci sotto le coperte o mettere la testa sotto il cuscino per esorcizzare la crescente paura del buio che ci avvolge.
La domanda di fondo rimane dunque sempre la stessa. Quanto ancora può resistere un Paese così stremato ?
In questo senso non è certo da far passare sotto silenzio l’ennesimo allarme lanciato dai vescovi italiani. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, ha infatti parlato di una ‘depressione spirituale’ che serpeggia nella società italiana che ‘non solo fa soffrire chi ha perso il lavoro o i giovani che non l’hanno ancora trovato, ma che debilita le forze interiori e oscura il futuro’.
Il futuro, appunto.
E’ il futuro che ci stiamo giocando alle prese con questo precario presente. Il futuro di un Paese che sembra fin troppo abile nel farsi del male, lasciando per strade le sue migliori energie e mostrandosi incapace di assumere qualsiasi decisione.
Il problema è che il futuro non aspetta. Ti arriva addosso anche se ancora non sei preparato. E neppure l’economia aspetta, ma è sempre pronta a presentarti conti sempre più ruvidi.
Uno di questi conti urticanti riguarda, ad esempio, il dato sulla disoccupazione giovanile che, nella fascia compresa tra i 15 ed i 24 anni, ha oramai raggiunto la rabbrividente percentuale del 44,2%. In pratica, stiamo parlando di oltre settecentomila giovani costretti a stare a spasso. Persino superfluo evidenziare che siamo attestati ben oltre la media degli altri paesi europei. Hanno perfettamente ragione quanti sottolineano che, in questo modo, stiamo bruciando una intera generazione di lavoratori ed imprenditori.
Ed allora torniamo a ripeterlo. In queste condizioni di estrema precarietà, per quanto ancora può resistere il nostro Paese ?
Il futuro dunque arriverà. Ma c’è il rischio che ad accoglierlo troverà una società italiana profondamente diversa e peggiore dell’attuale. Una società dove il rancore avrà preso il sopravvento sulla speranza.
Certo è che non può lasciarci tranquilli un Paese nel quale, per richiamare ancora le lucide osservazioni del Capo dello Stato, le famiglie vivono con angoscia ‘le difficoltà del vivere da un mese all’altro’ e troppi giovani restano ‘senza lavoro e senza chiare prospettive’.
Alle famiglie, come ai giovani ed alle imprese, non si possono offrire lodevoli dichiarazioni d’intenti. Occorre altro, ben altro. Ed occorre adesso.
 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI