Il Messaggero 14/10/2006

A.C.A.I. (Associazione Cristiana Artigiani Italiani)

Dal Congresso Nazionale di Bari all’analisi della legge finanziaria.

Riflessioni del Presidente Nazionale ACAI, Dino Perrone.

 

L’Associazione Cristiana Artigiani Italiani (ACAI), che ha recentemente celebrato il suo XXI Congresso Nazionale a Bari, con la partecipazione di numerosi esponenti del panorama imprenditoriale, politico e culturale del nostro paese, rappresenta da oltre mezzo secolo l’artigianato che si ispira ai valori della dottrina sociale della Chiesa.

All’inizio di questo mio nuovo mandato conferitomi dal Congresso Nazionale, ritengo mio dovere esporre la nostra opinione sugli interventi governativi che incidono nel settore sociale rappresentato dai nostri iscritti.

Per questo nell’analizzare la legge finanziaria presentata dal governo, non si può non osservare che la stessa non tiene minimamente conto della realtà produttiva del Paese, finendo con il colpire duramente soprattutto il lavoro autonomo e il Mezzogiorno. E’ una legge che punisce chi lavora, chi esporta e chi cerca di fare impresa e non riconosce il ruolo del ceto medio produttivo.

Questa legge ignora che circa il 95% del sistema produttivo italiano è formato da micro-imprese e risulta punitiva nei confronti di categorie, come quella artigiana, che da sempre sono impegnate a lavorare per creare ricchezza per tutti.

Esaminado gli aspetti più negativi della manovra concepita dal ministro Padoa-Schioppa, evidenziamo innanzitutto l’aumento del prelievo fiscale e l’innalzamento dei contributi previdenziali. Poi l’aggravio del 10% dei contributi per gli apprendisti, il prelievo forzoso del trattamento di fine rapporto, il mancato sgravio delle aliquote Inail. Consideriamo ancora che oltre la metà delle imprese artigiane operanti in Italia non potranno usufruire della riduzione del cuneo fiscale, dato che la riduzione della base imponibile Irap avvantaggia solo le imprese che dichiarano un imponibile superiore a 181 mila euro. Ma questi sono solo i principali elementi di preoccupazione; se ne possono, infatti, tranquillamente elencare altri, a torto ritenuto meno rilevanti.

A mio parere è la filosofia complessiva sottesa a questa legge finanziaria che lascia fortemente preoccupati. Penso ad esempio alla revisione degli studi di settore, che da quadriennale passa a triennale. Penso ancora alla cancellazione del 5 per mille che penalizza il terzo settore ed il volontariato. E richiamo ancora l’aggravio dei costi per gli apprendisti. Tutti interventi che mostrano una visione riduttiva, se non addirittura punitiva, nei confronti del lavoro autonomo.In questa ottica si inseriscono anche le ormai famose liberalizzazioni delle professioni, rispetto alle quali esprimiamo forti perplessità sul metodo e sul merito ed abbiamo altrettanti forti dubbi sulle possibilità che esse, così come concepite, si traducano alla fine in un effettivo vantaggio per i consumatori. La grande manifestazione dei professionisti che si è svolta nella capitale il 12 di questo mese, dopo le agitazioni dei tassisti, dovrebbero far riflettere.

Invece questo Governo dimostra di guardare con sospetto e spesso con attegiamento di sfida, al ceto medio produttivo italiano. Un ceto medio che da sempre si è fatto carico dei problemi del Paese, specie nelle aree depresse del nostro Mezzogiorno, aumentando i livelli e le possibilità di occupazione.

Un ceto che nella sua innata vocazione ‘a far da se, nel costruirsi un domani’ rappresenta la grande capacità degli italiani di sapersi imporre nelle arti e mestieri, come ci è, grazie a Dio, riconosciuto nel mondo.

Ci saremmo aspettati e ci aspettiamo ancora, per il mondo artigiano, una visione maggiormente legata alla realtà delle cose, in grado di assicurare un maggior rispetto per il lavoro autonomo in generale e per l’artigianato in particolare. Il disconoscimento dell’azione sociale svolta dal ceto medio italiano è palese proprio nell’aggravio dei costi per gli apprendisti. Ci torno sopra ancora una volta perché ritengo sia una scelta politicamente miope colpire in tal modo un istituto che per mezzo secolo, ha rappresentato una competente modalità per entrare nel mondo del lavoro. Ma a sorprendermi è anche altro.

Con amarezza rilevo che questa manovra non prevede nulla di concreto per facilitare l’accesso al credito delle micro-imprese, anzi le sottrae il Tfr fingendo di non sapere che questa risorsa finanziaria è utilizzata come un credito di esercizio quotidiano. Inoltre non sono previste misure per combattere la piaga del lavoro nero, che arreca danni ai piccoli imprenditori che quotidianamente battagliano per rimanere iscritti alle Camere di Commercio. In conclusione noi dell’ACAI riteniamo che questa legge finanziaria, così come è stata concepita, rallenterà l’ammodernamento delle piccole imprese, ostacolando le innovazioni di prodotto e di processo, comportando l’ulteriore burocratizzazione del sistema. Constatiamo che purtroppo il ceto medio produttivo esce malconcio da questa manovra.  Per tutelare lo stesso settore, per tutelare i nostri artigiani, la nostra associazione, usando un linguaggio di sobrietà e moderazione che da sempre ci contraddistingue, oltre a confidare nella auspicata revisione complessiva di questa improponibile manovra economica, ha messo in calendario una serie di iniziative tendenti a sensibilizzare il ceto politico e di governo sulle vere esigenze del mondo autonomo produttivo del nostro Paese. L’obbiettivo è quello di avviare un processo virtuoso che rilanci l’intera economia non a scapito delle singole categorie, non contro coloro che hanno assicurato nel tempo certezza di benessere all’Italia, ma con loro e per loro, quindi non prelevamenti forzosi e nuove imposizioni fiscali ma chiare, opportune, necessarie, irrinunciabili riforme.

 

        Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI