Carissimo Presidente e Stimati Organi statutari, Responsabili, Consulenti ecclesiastici regionali e provinciali, Amici membri, associati e simpatizzanti dellACAI, Personale dipendente e collaboratori delle nostre sedi e servizi,
vi scrivo nella festa di san Giuseppe sposo della Beata Vergine Maria, patrono della nostra Associazione e protettore degli artigiani e dei lavoratori.
La storia di san Giuseppe come ci è raccontata dai testi biblici (cf., Mt 1,19) ci parla di un uomo giusto e fedele, ed insieme, narra di un Dio nascosto nelle nostre vicende, silenzioso, forse, ma non per questo assente: a Lui sta a cuore in primo luogo quello che siamo, quello che facciamo, ma ancor di più Egli presta attenzione alle nostre precarietà, ai nostri turbamenti, nella nostra incapacità di dormire sonni tranquilli quando siamo alle prese con decisioni che potrebbero compromettere la nostra e laltrui esistenza, anche nelle nostre difficoltà di riuscire a essere allaltezza nei nostri banchi di lavoro, per affrontare quelle responsabilità e quegli impegni quotidiani a cui come ACAI siamo chiamati verso tutti coloro che si rivolgono ai nostri sportelli, a cominciare dalle cure dovute verso i nostri dipendenti e i nostri associati.
San Giuseppe ha vissuto fino in fondo il suo essere con e per la Vergine Maria e Gesù, dandosi a loro come sposo e come padre. Anche noi, come Lui, dovremmo ogni giorno rinnovare il nostro amore e la nostra fedeltà allumanità che incontriamo e a cui ci rivolgiamo nelle nostre attività, nei nostri patronati, centri servizi, caf, ecc. Dovremmo farlo, però, con lo stile che san Giuseppe ci insegna, se vogliamo essere anche noi giusti e fedeli alla nostra vocazione cristiana: Lui va oltre la legge ebraica e sceglie di amare con amore gratuito e totale, senza incertezze e compromessi, anche a costo di subire le conseguenze che la Sacra Scrittura ci presenta (ad esempio, dovrà fuggire in Egitto per evitare che il Bambino Gesù appena nato venga ucciso da Erode: Mt 2,14-15; cf., Os 11,1).
Laugurio più sincero e cordiale che voglio rivolgere a ciascuno riguarda proprio la capacità che ognuno di noi lasciandosi modellare dallo Spirito di Dio che opera «grandi cose» (Lc 1,49) nella vita di chi si affida e confida interamente in Lui possa sinceramente acquisire e promuovere in qualunque condizione sul lavoro, in famiglia e dovunque viva quel modello che è accessibile a tutti se lo vogliamo autenticamente: «San Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini; San Giuseppe è la prova che per essere buoni ed autentici seguaci di Cristo
si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche» (Insegnamenti di Paolo VI, VII [1969] 1268).
Come figli e devoti di san Giuseppe, vorrei insieme a voi recitare affidando al celeste patrono tutte le nostre intenzioni e necessità questa preghiera che unamica dellACAI mi ha gentilmente indirizzato:
NELLE TUE MANI
Nelle tue mani, o Giuseppe,
abbandono le mie povere mani;
alle tue dita intreccio,
pregando, le mie fragili dita.
Tu, che nutristi il Signore
col quotidiano lavoro,
dona il pane ad ogni mensa
e la pace che vale un tesoro.
Tu, protettore celeste
di ieri, oggi e domani,
lancia un ponte damore
che unisca i fratelli lontani.
E quando, ubbidiente allinvito,
ti renderò la mia mano,
accogli il mio cuore contrito
e portalo a Dio piano piano.
Allora sebben le mie mani sian vuote,
sian stanche e pesanti,
guardandole tue dirai:
«Così son le mani dei santi!»
Con viva cordialità,
don Domenico Santangelo
Consulente Ecclesiastico Nazionale