Conclusioni Presidente

Come detto nella mia relazione, questo nostro congresso aveva l’ambizione di parlare all’Italia migliore. L’Italia delle mille botteghe artigiane che rendono orgoglioso il nostro Paese. L’Italia che ha trovato dignità di lavoro, che produce ricchezza ed affronta con serietà il rischio d’impresa. L’Italia della solidarietà, che non resta indifferente dinanzi al disagio ed al bisogno. Ci siamo riusciti ? Credo di sì. Credo cioè che la voce più autentica dell’Acai in questi giorni abbia davvero superato i nostri spazi congressuali cominciando a farsi sentire nelle strade, nelle aziende, nelle istituzioni. Tra la gente, gli artigiani, gli altri lavoratori, i liberi professionisti. Tra le famiglie e le comunità.

Credo che l’Acai, qui a Bari, abbia posto le premesse per intraprendere un viaggio, certamente non agevole ma parimenti esaltante, per arrivare sempre più al cuore della società italiana. Una società che ho descritto come frammentata e caotica, ma che tuttavia ha in serbo ancora tante inespresse potenzialità. Mi preme soprattutto sottolineare come il nostro Paese detenga un primato di energie imprenditoriali da tutti invidiato. Si tratta di riuscire a capitalizzare questo patrimonio, liberando le mille energie sopite ed assicurando all’Italia la strada della modernizzazione, perché senza crescita non esiste alcuna economia, né globalizzata né virtuale.

E senza sviluppo ogni società disperde quegli stessi valori che ne fanno la storia e ne presuppongono la vitalità. I temi della solidarietà dell’occupazione, dell’innovazione e del lavoro impegneranno quindi la nostra agenda di lavoro. Si tratta di ridare preminenza ad un mercato che crei opportunità e non le contragga, ad una politica che crei solidarietà e non conflitti, ad un modello produttivo che non riduca la pur necessaria flessibilità ad una dolente anticamera della precarietà. Si tratta di sottrarre agli abusi tutte le nuove forme di lavoro emerse in questi anni; di estendere a tutti i lavoratori le tutele e i diritti di base; di sostenere il reddito attuale ma anche i trattamenti pensionistici futuri; di applicare ed ampliare il diritto alla formazione permanente; di combattere la piaga del lavoro nero. Il discorso perciò investe il modo stesso di concepire e quindi delineare l’intero sistema produttivo italiano per fare in modo che lo stesso sia sempre più rispondente alle esigenze dei lavoratori, delle imprese e della società intera. Questo è un tema che supera gli schieramenti tradizionali. Infatti dobbiamo essere consapevoli che oggi la differenza non è più tanto fra destra e sinistra. E’ invece tra chi è capace di cogliere tutte le opportunità offerte dalle dirompenti novità sociali, culturali e tecnologiche e chi, al contrario, non è in grado di affrontare le sfide del nuovo. E soprattutto la differenza vera è tra due opposte visioni della nostra società.

Una ispirata all’individualismo ed all’egoismo più incontrollati e l’altra, radicalmente diversa, informata invece ai valori della solidarietà e dell’accoglienza. Riscoprire la densità morale della nostra società, come ho sottolineato nella mia relazione, vuol dire, per noi cristiani, ispirarci sempre di più alla dottrina sociale della Chiesa. Significa ribadire il principio di solidarietà e collaborazione per superare le antinomie sociali. Vuol dire riaffermare il principio di sussidiarietà. Nell’enciclica Centesimus annus Giovanni Paolo II ci ricorda che i lavoratori costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, il fattore decisivo della produzione. E’ pertanto preciso compito degli imprenditori tenere conto non solo degli obiettivi economici dell’azienda e del capitale investito, ma anche del concreto rispetto della dignità umana dei lavoratori che operano nell’impresa. Ecco quindi, ci ricorda ancora Giovanni Paolo II, come la libera iniziativa economica si configuri non solo come virtù individuale, indispensabile per la crescita umana del singolo, ma anche come virtù sociale, necessaria allo sviluppo di una comunità effettivamente solidale.

Tutto questo perché l’utile individuale dell’operatore economico, sebbene legittimo, non può essere l’unico obiettivo. Accanto ad esso ne esiste un altro, fondamentale e superiore: quello dell’utilità sociale che deve realizzarsi in coerenza con la logica del mercato. Un mercato, ci ricorda sempre la dottrina sociale della Chiesa, che non deve essere aprioristicamente contrastato, ma che neppure deve essere idolatrato dal momento che il mercato, da solo, non può dare risposte a tutti i bisogni della persona umana. Per soddisfare le esigenze umane più importati c’è infatti bisogno di beni che, come sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, per loro natura non sono né possono essere semplici merci. Si tratta di beni non negoziabili, di beni irrinunciabili. Il mercato, l’economia e prima ancora la politica che sovrintende a tutte le scelte debbono quindi armonizzarsi con i diritti della persona umana, con le esigenze dell’uomo lavoratore, con il rispetto della famiglia. E’ questa l’idea di Paese che l’Acai consegna all’Italia.

Un Paese dal cuore grande, che non vuole arrendersi, che vuole intraprendere, che vuole costruire un futuro sostenibile per tutti. Un Paese che guarda sempre oltre perché non si spaventa di dove può arrivare. L’Italia che intendiamo affidare alle nuove generazioni di artigiani, ai nostri figli è anzitutto l’Italia dei diritti e delle opportunità. Ma è anche l’Italia del rispetto delle regole, della sobrietà pubblica e dell’etica della responsabilità. Un Paese agile e rigoroso. Il Paese di tutti e per tutti. In questo Paese noi ci riconosciamo. Di questo Paese vogliamo essere sempre più protagonisti ed interlocutori autorevoli. Per riuscirci affidiamoci al nostro impegno, al conforto ed all’insegnamento della CEI, ma soprattutto affidiamoci alla benedizione di nostro Signore. Signori delegati, a conclusione di questi nostri lavori spero che ognuno di voi, tornando a casa tra la propria gente, recandosi sul luogo di lavoro, incontrando i nostri associati, oggi possa dirsi convinto di essere stato ospite e soprattutto protagonista di un congresso nella cui sala, in questa sala, si è espressa davvero l’Italia migliore


Dino Perrone
Presidente Nazionale ACAI