Acque agitate nei palazzi della politica proprio mentre nel Paese aumenta lâesigenza di trovare soluzioni durature ai tanti problemi che ne rallentano il passo. Ennesima riprova di una âdistanzaâ che rischia di allontanare sempre pi๠gli italiani da coloro che li rappresentano
Siamo forse arrivati ad uno snodo veramente decisivo per le sorti future dellâattuale governo e della legislatura.
Ai segnali incoraggianti di una ancora possibile anche se faticosa concordia, manifestatasi ad esempio in ordine allâabolizione dellâImu, si contrappongono infatti spinte evidentissime alla disgregazione che non aiutano a rimettere insieme i cocci di un vaso che sembra non riuscire pi๠a contenere lâanima stessa del nostro Paese.
Pur comprendendo appieno lâoggettiva rilevanza delle questioni che attualmente agitano i rapporti tra gli esponenti della maggioranza, e che rischiano di toccare il diapason proprio in questi giorni con conseguenze ancora tutte da verificare, resto fermamente convinto che i partiti debbano saper concentrare gli sforzi e le energie sulle vere urgenze che occorre affrontare.
Urgenze che, a partire dallâincidenza eccessiva del costo del lavoro e dal peso dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, rappresentano tanti nodi da districare al pi๠presto.
Si tratta infatti di nodi che stanno asfissiando la vita del Paese, rallentandone la ripresa. Nodi che, pi๠che provare a sciogliere, sarebbe finalmente il caso di spezzare di netto. Altrimenti, un poâ in tutti i settori del nostro vivere civile, assisteremo ad un arretramento di livelli e valori con conseguenze nefaste per le future generazioni.
Ma già adesso sono ben visibili i segnali di una diffusa insofferenza e soprattutto di una crescente âdistanzaâ fra i cittadini e coloro che li rappresentano.
Intanto, sul fronte economico, ci sono dati su cui è opportuno riflettere e per i quali è doveroso allarmarsi.
Negli ultimi cinque anni, ad esempio, il nostro settore manifatturiero ha perso per strada quasi la metà degli imprenditori di nuova generazione, di coloro cioè che al di sotto dei trentâanni sono a capo di aziende. Un indizio non solo di quanto sia complicato il necessario ricambio generazionale tra i nostri capitani dâazienda, ma anche degli ostacoli che si frappongono sul cammino di quanti sono intenzionati a mettersi in proprio per creare e distribuire ricchezza.
Tutti imprenditori che sono stati costretti a gettare la spugna, buttando alle ortiche professionalità forse ancora un poâ acerbe ma sostenute da un entusiasmo e da una voglia di fare, di costruire, di realizzare che, in un sistema-Paese davvero maturo, avrebbero dovuto avere ben altri e pi๠fecondi esiti.
Le difficoltà che questi giovani incontrano non solo per entrare nella âstanza dei bottoniâ delle imprese italiane ma anche solo per restare sul mercato costituiscono la plastica rappresentazione di quante incrostazioni siano presenti sul corpo vivo del Paese, limitandone i movimenti e la sua stessa capacità di delineare il futuro.
Questi âimprenditori scomparsiâ rischiano di ingrossare le fila di quegli italiani che vivono in condizioni di difficoltà e che, secondo una recente indagine della Cgil, sono oramai oltre 9 milioni tra disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, precari e part time involontari.
Numeri in crescita di un progressivo deterioramento non solo del mercato del lavoro, ma dello stesso tessuto sociale. Numeri semplicemente devastanti.
Per questo si avverte sempre pi๠il bisogno di una qualche scossa positiva, di un segnale che ridesti le tante energie sopite ma ancora presenti sul territorio, che torni a motivare quanti sono preda di una crescente sfiducia se non addirittura di una lucida disperazione.
Alle porte abbiamo ormai la nuova legge di stabilità che, in questo contesto, potrebbe costituire un segnale estremamente significativo per provare ad invertire la rotta e certificare la tanto auspicata uscita dalla recessione.
Sarà importante verificarne i contenuti e, soprattutto, la filosofia ispiratrice.
Una filosofia che, superando le strettoie del passato, conduca ad una effettiva ed efficace revisione della spesa pubblica, ad un sostanziale abbattimento del costo del lavoro, ad una riduzione del prelievo fiscale accompagnata da efficaci misure di contrasto allâevasione.
Come si vede, sono tanti i nodi da districare. Nodi venuti al pettine non certo da oggi.
Ma tutti nodi, questo è il punto, che forse richiedono un pettine ben diverso da quello utilizzato sinora. Sempre ammesso che, mentre redigo queste brevi considerazioni, ci sia ancora un pettine a disposizioneâ¦
Ai segnali incoraggianti di una ancora possibile anche se faticosa concordia, manifestatasi ad esempio in ordine allâabolizione dellâImu, si contrappongono infatti spinte evidentissime alla disgregazione che non aiutano a rimettere insieme i cocci di un vaso che sembra non riuscire pi๠a contenere lâanima stessa del nostro Paese.
Pur comprendendo appieno lâoggettiva rilevanza delle questioni che attualmente agitano i rapporti tra gli esponenti della maggioranza, e che rischiano di toccare il diapason proprio in questi giorni con conseguenze ancora tutte da verificare, resto fermamente convinto che i partiti debbano saper concentrare gli sforzi e le energie sulle vere urgenze che occorre affrontare.
Urgenze che, a partire dallâincidenza eccessiva del costo del lavoro e dal peso dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, rappresentano tanti nodi da districare al pi๠presto.
Si tratta infatti di nodi che stanno asfissiando la vita del Paese, rallentandone la ripresa. Nodi che, pi๠che provare a sciogliere, sarebbe finalmente il caso di spezzare di netto. Altrimenti, un poâ in tutti i settori del nostro vivere civile, assisteremo ad un arretramento di livelli e valori con conseguenze nefaste per le future generazioni.
Ma già adesso sono ben visibili i segnali di una diffusa insofferenza e soprattutto di una crescente âdistanzaâ fra i cittadini e coloro che li rappresentano.
Intanto, sul fronte economico, ci sono dati su cui è opportuno riflettere e per i quali è doveroso allarmarsi.
Negli ultimi cinque anni, ad esempio, il nostro settore manifatturiero ha perso per strada quasi la metà degli imprenditori di nuova generazione, di coloro cioè che al di sotto dei trentâanni sono a capo di aziende. Un indizio non solo di quanto sia complicato il necessario ricambio generazionale tra i nostri capitani dâazienda, ma anche degli ostacoli che si frappongono sul cammino di quanti sono intenzionati a mettersi in proprio per creare e distribuire ricchezza.
Tutti imprenditori che sono stati costretti a gettare la spugna, buttando alle ortiche professionalità forse ancora un poâ acerbe ma sostenute da un entusiasmo e da una voglia di fare, di costruire, di realizzare che, in un sistema-Paese davvero maturo, avrebbero dovuto avere ben altri e pi๠fecondi esiti.
Le difficoltà che questi giovani incontrano non solo per entrare nella âstanza dei bottoniâ delle imprese italiane ma anche solo per restare sul mercato costituiscono la plastica rappresentazione di quante incrostazioni siano presenti sul corpo vivo del Paese, limitandone i movimenti e la sua stessa capacità di delineare il futuro.
Questi âimprenditori scomparsiâ rischiano di ingrossare le fila di quegli italiani che vivono in condizioni di difficoltà e che, secondo una recente indagine della Cgil, sono oramai oltre 9 milioni tra disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, precari e part time involontari.
Numeri in crescita di un progressivo deterioramento non solo del mercato del lavoro, ma dello stesso tessuto sociale. Numeri semplicemente devastanti.
Per questo si avverte sempre pi๠il bisogno di una qualche scossa positiva, di un segnale che ridesti le tante energie sopite ma ancora presenti sul territorio, che torni a motivare quanti sono preda di una crescente sfiducia se non addirittura di una lucida disperazione.
Alle porte abbiamo ormai la nuova legge di stabilità che, in questo contesto, potrebbe costituire un segnale estremamente significativo per provare ad invertire la rotta e certificare la tanto auspicata uscita dalla recessione.
Sarà importante verificarne i contenuti e, soprattutto, la filosofia ispiratrice.
Una filosofia che, superando le strettoie del passato, conduca ad una effettiva ed efficace revisione della spesa pubblica, ad un sostanziale abbattimento del costo del lavoro, ad una riduzione del prelievo fiscale accompagnata da efficaci misure di contrasto allâevasione.
Come si vede, sono tanti i nodi da districare. Nodi venuti al pettine non certo da oggi.
Ma tutti nodi, questo è il punto, che forse richiedono un pettine ben diverso da quello utilizzato sinora. Sempre ammesso che, mentre redigo queste brevi considerazioni, ci sia ancora un pettine a disposizioneâ¦