Diario Italiano di Dino Perrone

L’ora della responsabilità

Il premier Giuseppe Conte, richiamando un drammatico e famoso discorso pronunciato da Winston Churchill nel pieno del secondo conflitto mondiale, ha parlato di “ora più buia” per il nostro Paese. Non è stata una esagerazione, a mio avviso, quanto piuttosto una constatazione anche se con un lieve cedimento alla retorica.

Il momento è grave, difficile, del tutto nuovo per quelle generazioni che finora hanno avuto la fortuna di non doversi confrontare con la guerra. Perché in fondo questa è una specie tutta particolare di guerra, con un nemico capace di diffondersi nell’ombra, approfittando di tutte le nostre umane debolezze e necessità. Insinuandosi nelle nostre più consolidate abitudini.

Ed è allora anche il momento della responsabilità. Individuale e collettiva.

Questo virus è un banco di prova non solo per la tenuta del Paese, per la sua credibilità internazionale, per la sua economia. E’ un banco di prova per ciascuno di noi. Per verificare quanto siamo disposti a cedere, a modificare, a migliorare. Ed a fare tutto questo per il bene comune, per la salute di tutti, per il futuro di ognuno.

Abbiamo a che fare, d’ora in poi, con una Italia del tutto diversa. Dobbiamo prenderne atto, evitando isterismi. Evitando, soprattutto, ogni forma di egoismo sociale.

E’ dunque l’ora della responsabilità. L’antidoto più potente al buio ed alla paura che possiamo mettere in campo in questo momento. Ognuno di noi è chiamato a dare un contributo, a mettere al riparo il suo mondo affettivo, relazionale e professionale attuando comportamenti protettivi verso gli altri.

Si è compreso che stando a casa si riducono al minimo le possibilità di contagio. Ed allora facciamolo il più possibile, impedendo in tal modo che la curva della diffusione del virus si impenni ed aiutando a non mandare sotto stress il nostro sistema di cura.

Ed approfittiamo di questa forzata immobilità, che non necessariamente deve significare solitudine, per riscoprire noi stessi. Per pensare, leggere, scrivere, studiare, ascoltare musica, guardare un film. Per immaginare oggi quello che avverrà domani.

E potrà essere anche questo il modo affinché, una volta salvaguardata la salute di ognuno, nessuno si trovi a dover perdere il lavoro per colpa del coronavirus.

Ne verremo fuori, come ho scritto la volta scorsa. Il virus, ripeto, non ci piegherà. Non piegherà il nostro Paese. Forse ci cambierà, magari addirittura in meglio, ma non ci piegherà.

Andremo avanti. Come, nel suo insieme, sta facendo la nostra Acai, assicurando la continuità dei propri servizi a tutti i cittadini nel rispetto delle nuove regole emanate dal governo Conte.

Winston Churchill parlò di “ora più  buia” quando l’Inghilterra, dopo il crollo della Francia, si trovò a fronteggiare da sola l’attacco della Germania nazista. Ma si augurò anche che ogni uomo e ogni donna avessero l’opportunità di mostrare, in quel drammatico snodo storico, le loro più nobili qualità.

Siamo chiamati appunto a questo, quale che sia la nostra sfera d’azione, la nostra condizione, il nostro lavoro ed i nostri doveri, sempre per prendere a prestito le parole di Churchill.

Siamo chiamati insomma a mostrarci, nel quotidiano, veramente degni cittadini di questa nostra Italia. Oggi smarrita, forse impaurita, ma di certo non vinta.