Risalire la china è difficile, non impossibile

___________________________________di Dino Perrone

 

 
Famiglie ed imprese sono in affanno crescente e tanti segnali di malessere pervadono il Paese. Tuttavia possono ancora sprigionarsi le energie necessarie per invertire la rotta e rimettere in cammino lo sviluppo e la crescita
 
L’Italia che ha abbandonato i luoghi di vacanza per tornare alle proprie consuete occupazioni, ritrovando così anche coloro che in vacanza non ci sono proprio andati, è un Paese che purtroppo continua a non crescere, ma che anzi rischia seriamente di annegare.
Siamo in recessione ormai da un anno, avendo registrato il quarto trimestre consecutivo con il segno meno dinanzi al nostro prodotto interno lordo.
Arretrano tutti i comparti della produzione industriale, dal tessile (meno 14,6% in dodici mesi) alle apparecchiature (meno 11,3%), dalla gomma e plastica (meno 13,1%) al legno ed alla carta (meno 10,3%). La produzione delle auto si è contratta addirittura di oltre il 20%.
In tale contesto, assumono quindi particolare importanza i rilievi dei ministri Fornero e Clini che, in questo agosto arroventato anche dalla spinosa questione dell’Ilva di Taranto, hanno paventato il rischio molto serio di un generale declino dell’intero nostro sistema industriale.
Declino che ovviamente si riflette sul lavoro che non c’è o si ferma.
Nel solo mese di luglio, secondo i dati sindacali, la Cassa integrazione è aumentata di oltre il 21% rispetto al mese precedente, lievitando così addirittura del 44,2% con riferimento agli ultimi dodici mesi. Nei primi sette mesi di quest’anno, inoltre, il totale di ore di Cassa integrazione richiesto dalle aziende italiane è aumentato di oltre otto punti percentuali.
L’altra faccia della medaglia di un lavoro sempre più rarefatto è la contrazione più che evidente dei consumi degli italiani. I redditi in calo, sommati all’aumento delle tasse ed alla paura per un futuro sempre più incerto e traballante, costituiscono un freno efficacissimo agli acquisti e motivano ogni genere di rinunce. Tutto ciò costituisce una miscela esplosiva che mette insieme crisi dei redditi e crisi dei consumi e che a parere di molti potrebbe comportare, nei prossimi mesi, la sparizione di oltre ventimila negozi al dettaglio.
Questa crisi è particolarmente insidiosa perché, fra le sue molteplici peculiarità, annovera anche la circostanza che alcuni suoi dati, che in apparenza potrebbero addirittura sembrare positivi, in realtà costituiscono altrettanti campanelli di allarme.
Ad esempio, a fronte di un tasso di disoccupazione che oramai rappresenta più del 10% della forza lavoro e di una percentuale di occupazione rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi nove mesi, sono sempre più numerose le donne che prima erano inattive e che ora invece cercano assiduamente un impiego.
A prima vista sembrerebbe trattarsi di  un processo positivo perché si cerca di mettere in campo  nuove energie prima confinate ai margini del nostro sistema occupazionale.
Niente di più sbagliato, invece, dal momento che questa ricerca di occupazione non è motivata dall’esigenza di una maggiore valorizzazione della manodopera femminile, bensì dalla necessità molto concreta di ‘rimpinguare il bilancio familiare’, come si legge in un recente studio di Confindustria.
Un fenomeno, questo dell’espansione ‘indotta’ della forza lavoro, che sembra destinato a proseguire essendo strettamente collegato ai timori per l’andamento della situazione economica del Paese con il rischio di pesanti peggioramenti della situazione economica delle famiglie italiane. Non un segnale, dunque, di ritrovata vitalità del sistema, ma semmai appunto un nuovo e preoccupante campanello di allarme.
C’è poi invece un altro segnale della crisi che non si presta ad equivoci. Nel secondo trimestre di quest’anno è aumentata di circa quattro punti la percentuale delle piccole e medie imprese che si sono rivolte alle banche per chiedere un fido oppure un finanziamento, ovvero la rinegoziazione degli stessi. Il 27,7% delle imprese artigiane lo ha ottenuto, ma con un ammontare inferiore rispetto a quello richiesto.
Tanti segnali di malessere, insomma, pervadono il Paese alla vigilia di un autunno che si annuncia molto difficile per tutti. Tuttavia possono ancora sprigionarsi quelle energie necessarie per invertire la rotta e rimettere in cammino la crescita e lo sviluppo.
Per far questo occorrono nervi saldi e ricette efficaci. Occorre che la politica, nel suo complesso, torni a progettare il futuro, abbandonando derive strategiche di corto respiro.
Il Paese è stanco, ma non vinto. L’Italia insomma può farcela, nonostante tutto. La risalita è difficile, non impossibile. A patto però che a renderla impossibile non siano proprio quanti, per il loro ruolo di responsabilità, sono chiamati a tracciare la strada verso la vetta.
Se si ripeteranno gli stessi errori, se torneranno a praticarsi gli stessi vizi, se insomma si continuerà a mostrare il peggio e non il meglio, nessuna vetta sarà scalata. E la cordata che ancora tiene insieme questo Paese per impedire che precipiti nel burrone si spezzerà definitivamente.
 

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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