Da Papa Bergoglio è arrivato, in queste settimane, un forte richiamo ai valori fondativi dellUnione. Una risposta a quanti pensano che solo costruendo muri, materiali e psicologici, il nostro Continente possa reggere allurto dei grandi cambiamenti in atto
Stanca e decaduta. Non più fertile e vitale. Come una nonna, vecchia e sterile.
Così Papa Francesco ha descritto lEuropa ricevendo nelle scorse settimane il prestigioso Premio Carlo Magno nella grande Sala Regia del Palazzo Apostolico in Vaticano.
Parole pronunciate dinanzi ai più alti livelli politici ed economici dell’Unione, dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel al re di Spagna Felipe, da Matteo Renzi a Jean Claude Junker, da Martin Schultz a Mario Draghi.
Parole che non consentono equivoci. Concetti chiari a punteggiare un discorso destinato a rappresentare un vero e proprio manifesto per l’Europa ed a rimanere tra i capisaldi di questo Pontificato.
AllEuropa così inaridita e ripiegata su se stessa che abbiamo davanti, attraversata dal filo spinato dellegoismo e delle divisioni, il Santo Padre ha infatti contrapposto una idea di Europa senza muri, materiali e psicologici, in grado di essere patria dei diritti e di riscoprire i grandi ideali che l’hanno generata.
Una Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita.
Un Continente che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo.
Una Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto
Una Unione dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile.
Di questa Europa oggi non vi è traccia.
Stritolata dalla crisi economica, impaurita dal fenomeno delle migrazioni, sui temi essenziali incapace di esprimersi davvero con una voce sola, oggi lEuropa stenta a tenersi in piedi. Barcolla come un ubriaco che ha smarrito la via di casa.
Papa Bergoglio vuole invece riportarla a casa, questa nostra Europa. Riportarla cioè ai suoi valori fondanti, denunziando, attraverso il suo messaggio di accoglienza, i limiti di una leadership europea che allo stato neppure sintravede.
Lo ha fatto alla sua maniera, il Santo Padre. Senza sconti per nessuno, senza giri di parole, attraverso un discorso lungo, articolato, profondo.
Un discorso che rende davvero di corto respiro tutte le strategie sinora messe in campo dai vertici dellUnione.
Un discorso che torna allessenziale, alle radici di un sogno che ha necessità di essere costantemente alimentato per mettere radici nella realtà e farci riscoprire l’ampiezza e la profondità dell’anima europea.
LEuropa da aggiornare, lEuropa ancora da costruire, secondo il Pontefice deve essere in grado di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare.
Tutto ciò sarà possibile solo a condizione che i singoli Stati sappiano promuovere una reale integrazione che trovi nella solidarietà il modo in cui fare le cose, il modo in cui costruire la storia. Una solidarietà che deve essere vista non come elemosina da elargire ma come concreta opportunità di pace e benessere.
Un discorso potente, come detto, e per certi versi storico.
Ma ora ? Cosa succederà ora ?
Il Pontefice può solo esortare, scuotere le coscienze. La concreta soluzione dei problemi tocca ad altri.
Tocca appunto ai leader dellUnione che debbono dimostrare di voler davvero mettere in campo ogni risorsa perché si possa continuare a vivere in una Europa che non costruisca muri per respingere ma resti baluardo in difesa dei diritti di ogni uomo.
Papa Bergoglio, ripeto, è stato chiaro.
Analoga chiarezza debbono dimostrare ora i vertici politici e finanziari del nostro Continente adoperandosi per garantire a tutti, per tornare alle parole del Pontefice, un lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale.
Dino Perrone