Una nuova idea dell’Italia

___________________________________di Dino Perrone

 

Dopo qualche timido segnale di ripresa, agosto ha sancito il ritorno in recessione del nostro Paese. La strada per ripartire davvero continua ad essere molto accidentata. Ed il tempo comincia a scarseggiare. Per tutti.

 

Questa estate ormai precocemente declinante rischia di passare agli archivi della storia italiana come la stagione nella quale la romantica luna di miele fra Matteo Renzi e gli italiani, avviata dal 40,8% raccolto dal partito del premier alle recenti elezioni europee, ha iniziato a subire le prime quanto significative incrinature.

Colpa, manco a dirlo, della persistente stagnazione economica.

La ‘gelata’ precocemente arrivata con i dati trimestrali sul prodotto interno lordo, tutti di segno negativo, ha infatti raffreddato non poco le speranze di una ripresa che resta sempre solo annunciata e mai compiutamente realizzata.

L’Italia continua infatti ad arrancare nelle posizioni di coda del vagone europeo, persino ora che la locomotiva tedesca sta a sua volta rallentando. Le distanze con le economie più forti non si accorciano e lo spettro della recessione ha assunto oramai dimensioni sempre più ‘corporee’. In tutto questo il governo le cose continua più a dirle che riuscire a farle.

Fine precoce dunque di un amore, oppure anche solo di una infatuazione ?

Ne abbiamo viste troppe, in passato, per non essere cauti al riguardo. In politica, infatti, di definitivo non c’è quasi nulla e chi magari oggi appare in temporanea difficoltà domani lo ritroveremo più in forma e pimpante di prima. In politica, intendo dire, le resurrezioni sono molto più frequenti delle definitive giubilazioni.

D’altronde sarebbe oltremodo ingiusto scaricare solo sull’attuale esecutivo, in carica da pochi mesi, il peso di enormi difficoltà che arrivano invece da lontano e che chiamano alla sbarra errori pervicacemente ripetuti da una classe politica incapace, nel tempo, di rinnovarsi e di emendarsi.

Il premier ha finora saputo incarnare, anche con indubbia maestria comunicativa, la voglia, direi persino l’ansia di cambiamento del Paese. Ma ora deve dimostrare di avere non solo la voglia e l’ansia di cambiare il Paese, ma soprattutto la capacità di farlo.

E’ qui che si gioca davvero la partita più importante. Una partita, lo sottolineo per l’ennesima volta, che riguarda non tanto e non solo il futuro politico dell’attuale primo ministro bensì quello, più vasto ed importante, dell’Italia nel suo complesso.

Se verrà meno, nei prossimi mesi, la spinta al cambiamento, al superamento delle troppe incrostazioni che stanno erodendo l’immagine internazionale del Paese, ci sarà il rischio di vivere una lunga stagione all’insegna della crescente incertezza e di una deprimente quanto pericolosa sfiducia. E tutto questo, francamente, come sistema Italia non possiamo permettercelo.

Era sin troppo evidente che la scossa salutare alla nostra economia, da tutti auspicata, non poteva essere rappresentata solo dagli ottanta euro in più in busta paga per una larga fetta di italiani. Quello era un segnale di fiducia per provare a far ripartire i consumi.

Ma un segnale solo non poteva bastare. Ed infatti non è bastato. Occorrono altri segnali, che siano coerenti con una nuova idea dell’Italia che, lo ripeto, Matteo Renzi è stato sinora molto abile ad intercettare prima ed interpretare poi.

E questi segnali partono necessariamente dal fronte dell’occupazione e degli investimenti. Partono da un radicale abbassamento dell’Irap e degli altri costi che gravano sul lavoro e sulle imprese. Partono dalla riforma del sistema fiscale, dallo snellimento della macchina statale, elefantiaca e spesso improduttiva, nonché dal miglior funzionamento del sistema giudiziario che garantisca certezza dei tempi per ottenere giustizia.

E passano, questi segnali rivelatori di una nuova e vincente idea dell’Italia, anche dai tagli alla spesa pubblica che vadano finalmente nell’ottica non della mai abbastanza deprecata ‘linearità’, che in passato ha finito con lo scontentare tutti senza produrre alcun recupero di efficienza, ma da una logica ‘premiale’ che trasferisca maggiori risorse dove c’è più bisogno eliminando sprechi e rendite di posizione fuori da ogni logica.

Passano dunque, tutti questi segnali di una Italia che davvero vuole investire sul cambiamento, ancora e sempre dall’avvio di una duratura stagione di profonde riforme.

Renzi, lo ripeto, può farcela ancora. Ne ha le capacità e la voglia, specialmente se la maggioranza un po’ spuria che lo sostiene in Parlamento non presenterà smagliature.

Ma forse quel che comincia a mancargli è il tempo.

A disposizione, ogni giorno che passa, ce n’è sempre di meno. E ci costa sempre di più. A Renzi, a noi ed all’Italia. Per questo occorre far presto. Per questo occorre ripartire. Per questo è necessario non perdere altro tempo. Altrimenti anche questa nuova idea di Paese verrà superata e mandata in archivio dalla cruda realtà dei fatti. Gli unici che non mentono mai.

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI