Una Banca del Sud. Ma il Sud dov’è?

___________________________________di Dino Perrone


Uno strumento creditizio modulato sulle esigenze del territorio. Questa l’idea del ministro Tremonti. Ma il rilancio del Mezzogiorno si gioca anche su altri tavoli, persino più complessi delle sole dinamiche economiche.

Cari associati,
il ministro Giulio Tremonti ha di recente rilanciato l’idea di costituire una Banca del Sud, capace di assicurare flussi di credito specialmente alle piccole e medie imprese.
Si tratta di un progetto coltivato già da qualche anno, dal momento che un tale strumento operativo era stato previsto nella legge finanziaria del 2006 e venne poi accantonato con l’arrivo del nuovo governo Prodi.
E’ significativo che questa idea venga riproposta proprio durante settimane nelle quali il titolare del dicastero economico è tornato nuovamente a criticare con durezza le banche che hanno preferito, per rafforzare il loro patrimonio, rivolgersi al mercato piuttosto che ai bond pubblici predisposti dal governo Berlusconi.
Nel mentre sottolinea i limiti del sistema bancario italiano, definendolo ‘troppo concentrato e verticalizzato’ ed impegnato ‘a fare soldi con la finanza’, il ministro per l’Economia auspica la creazione di una rete che metta insieme le banche di credito cooperativo e le popolari.
Tremonti è uno studioso ed un politico raffinato. Conosce il peso delle parole e le conseguenze che queste ultime possono avere sugli avvenimenti. Non parla mai a caso e merita, quindi, di essere ascoltato con attenzione. Specie quando sottolinea l’esigenza che vi siano, nel Mezzogiorno, zone a burocrazia zero, cioè aree in cui non siano previsti oneri burocratici per coloro che intendono avviare una attività imprenditoriale.
Una banca del Sud, quindi. Ma è davvero questo che serve per colmare il divario che ancora divide il Meridione dalle zone più ricche del nostro Paese ?
Certo Tremonti ha ragione quando sostiene che ‘per le dimensioni del Mezzogiorno, il piccolo credito è quello che serve’. Ma occorre che questo nuovo polo bancario, se davvero vedrà la luce, si innesti su qualcosa che sembra ancora lontano dal realizzarsi compiutamente.
Intendo dire che, oltre ad una banca pensata per sostenere l’economia del territorio, vi è anche altro di cui il Meridione ha oggi bisogno.
Reti infrastrutturali, banda larga, ricerca, innovazione, efficienza energetica, come richiesto dal protocollo di Lisbona.
Ma anche tutela ambientale e controllo capillare del territorio da parte delle forze dell’ordine, per evitare che si scoprano navi cariche di veleni affondate al largo delle coste calabresi. Oppure, come nel caso dell’alluvione di Messina,  per non dover piangere altre morti sacrificate sull’altare delle troppe disattenzioni di chi dovrebbe controllare, intervenire, impedire, risanare.
Il Sud, insomma, ha bisogno di tanto. Quasi di tutto, rispetto ad altre aree del Paese.
Ma soprattutto ha bisogno di superare il deficit di rappresentanza della sua classe dirigente. A tutti i livelli. Un deficit che sfiora l’inadeguatezza.
Bisogna prendere consapevolezza che nel nostro Mezzogiorno si assiste da troppi anni ad una crisi di sistema che ha condotto ad una delittuosa dispersione di strumenti e risorse, con una incapacità di spendere come di investire che ha reso l’economia di queste zone preda di una sostanziale paralisi che allontana nel tempo qualsiasi seria prospettiva di sviluppo.
E questo lo sa bene proprio il ministro Tremonti che non a caso sostiene che ‘la questione meridionale non è un problema di finanziamento, ma di funzionamento’.

Nei mesi scorsi, proprio su questi aspetti si era soffermato anche il Presidente della Repubblica che, traendo spunto dallo scarso utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea, aveva dichiarato: ‘Non si può non trarre materia di seria riflessione sulla validità delle politiche portate avanti nell’ultimo quindicennio dallo Stato e dalle istituzioni regionali e locali rispetto all’obiettivo di una riduzione del divario tra Nord e Sud e di una efficace promozione dello sviluppo del Mezzogiorno’.
Questa riflessione sollecitata dal Presidente Napoletano è più che mai attuale e necessaria. Essa coinvolge appunto un Mezzogiorno che deve essere finalmente capace di ritrovarsi.
Perché oggi, in un certo senso, il Sud non si sa neppure dove sia finito, essendo scomparso da un ventennio dal dibattito nazionale.
Se tutto questo non cambia, se cioè il quadro d’insieme non migliora sensibilmente, le buone intenzioni di Tremonti, al di là della indiscussa tenacia e competenza del ministro, lastricheranno solo l’inferno che quotidianamente sono costretti a sopportare i cittadini meridionali.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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