Se inaridisce anche la pietà

________________________________di Dino Perrone

 
 
C’è un pericoloso senso di assuefazione che sembra non scuoterci più neppure dinanzi a tragedie come i roghi nei campi che ospitano le popolazioni di etnia rom o le ricorrenti morti in mare dei migranti. A conferma della brutta aria che circola oggi nel Paese.

Cosa ancora deve succedere ?
Sì, è proprio il caso di chiedersi cosa deve succedere ancora perché ci si renda finalmente conto di come il pregiudizio, l’odio e l’intolleranza che da troppo tempo stanno attraversando il Paese siano oramai capaci di farci superare persino i sentimenti di sgomento ed orrore che certe ricorrenti tragedie dovrebbero invece suscitare.
E’ una domanda che scaturisce anche dalla pietà fredda mostrata poche settimane fa da tanti italiani dinanzi al rogo del camper di Centocelle, nella periferia romana, che  ha causato la morte di tre sorelle di venti, otto e quattro anni, tutte di etnia rom. Una pietà di maniera, non particolarmente vissuta.
Una pietà certamente affaticata dall’esasperazione per una convivenza, nelle aree marginali e sempre più dimenticate delle nostre opulente città, che resta in troppi casi difficile e comunque sempre forzata.
Una pietà annacquata persino da considerazioni al limite del cinismo, con commenti infastiditi sulle auto derubate dopo aver fracassato i vetri, sulla sporcizia, sul fastidio che provoca l’accattonaggio persistente. La descrizione risentita dell’inferno quotidiano di certe nostre periferie.
Tutto vero, certamente. Ma la morte, la morte di chiunque, richiederebbe sempre un rigoroso e silenzioso rispetto.
Quando inaridisce anche la pietà è comunque un brutto segnale. Per tutti.
Un segnale che riflette l’assuefazione a tragedie che sembrano non toccarci più di tanto. Quella stessa assuefazione che ormai si registra dinanzi alle morti in mare dei migranti. Morti che diventano solo numeri. Numeri che fanno statistica, dimenticando che ogni numero indica una persona. E questa persona spesse volte è un bambino o una bambina.
Quando parlo di una brutta aria che si respira nel Paese, di un’aria che circola un po’ in tutti gli ambienti ma in particolare in quelli più disagiati, mi riferisco proprio a questa nostra crescente incapacità di sentirci coinvolti in prima persona. Di essere sempre meno capaci di restare accanto agli altri.
Ovviamente tocca alla magistratura, anche in questo ultimo episodio, accertare le responsabilità e condannare i colpevoli. Ma già ora è palese l’urticante sensazione di trovarci, a Centocelle come dinanzi alle nostre coste, in una realtà impazzita dove il valore della vita umana non ha più alcun peso specifico.
Gli ultimi, gli esclusi, i vulnerabili, gli invisibili. Sono loro le prime vittime di un tipo di società che, ogni giorno che passa, tende a chiudersi a riccio dimenticando di praticare valori fondamentali come la solidarietà.
Ed allora i drammi di tutte queste persone, troppe volte additate solo come categorie e non percepite nella loro individualità, perdono importanza. Perdono rilievo. Scivolano presto nel dimenticatoio di tutto ciò che non ci tocca.
Le popolazioni di etnia rom e sinti, i senza fissa dimora, i nuovi poveri o ancora i migranti fuori dai percorsi di integrazione ci dicono come sia ancora lungo e complicato il lavoro che ci aspetta per arrivare a costruire, per davvero, una società più giusta ed accogliente.
La disperazione che attraversa le nostre città non può essere analizzata solo quando drammaticamente diventa un caso di cronaca.
Questa disperazione chiama ad uno scatto delle coscienze, ad una presa di consapevolezza che non sia episodica ma faccia parte del tessuto civile del nostro Paese.
Sono necessarie le istituzioni ed è necessario un passo in avanti anche dal punto di vista culturale da parte di ognuno.
Solo così sarà possibile favorire l’affermarsi di una società che sia davvero coesa e solidale, non invece incattivita ed impaurita. Solo così si potranno evitare altre tragedie, in mare come all’interno delle nostre città, che coinvolgono sempre i più indifesi. E solo così si potrà porre un argine all’indifferenza ed al cinismo che nutrono le nostre giornate
Prima ci renderemo conto di quanto, in questi anni vorticosi e vuoti, abbiamo perso in termini di umanità e tolleranza e meglio sarà per tutti.


 


Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI