Sconfiggere il male oscuro

___________________________________di Dino Perrone

 

Cosa ancora ci impedisce di imboccare davvero la strada della ripresa ? Perché le buone intenzioni di chi ci governa quasi mai si concretizzano in adeguate soluzioni ?Interrogativi pesanti per un Paese sempre più a corto di certezze

Risulta davvero oltremodo difficile osservare le vicende politiche del nostro Paese senza continuare ad interrogarsi su quale sia davvero l’intrinseca debolezza di un sistema che, da anni, non è in grado di emendarsi da errori, insufficienze e disattenzioni.
Ad ogni accenno di cambiamento segue infatti, puntuale, la riproposizione di schemi vecchi che ci riportano un po’ tutti lungo solchi già tracciati e fin troppo consunti.
E’ quello che sta accadendo anche con il governo in carica. Alla spinta delle prime settimane, con il premier capace di impegnare solennemente il suo esecutivo a condurre in porto le necessarie riforme ad un ritmo a dir poco frenetico, sta sovrapponendosi ora la lentezza delle procedure, delle mediazioni, delle verifiche.
Non credo si tratti semplicemente del solito scarto esistente tra l’ottimismo della volontà, di cui il presidente del Consiglio è tenuto a fare doveroso sfoggio, ed il pessimismo dei fatti.
E’ qualcosa di più. E’ appunto la debolezza complessiva di un sistema italiano che, al di là dei meriti o delle colpe di chi è chiamato a governare, rende appunto questo governare un esercizio sempre più difficile.
E’ il male oscuro di un Paese capace di individuare i problemi, di prospettare le possibili vie d’uscita, ma troppo spesso impossibilitato a compiere poi qualsiasi scelta.
Guardiamo ad esempio alla più volte annunciata riforma del mercato del lavoro. Un tema a dir poco incandescente per la sua enorme complessità, che però rischia di ridursi solo ad una sorta di medievale ordalia sul mantenimento o meno dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In tale clima appare molto remota la possibilità di dare vita, per richiamare le parole del ministro Poletti, ‘ad un mercato del lavoro più equo dove tutti abbiano il giusto grado di opportunità e di tutele’.
Questo modo solo ‘muscolare’ di approcciare i problemi comporta, inesorabilmente, il rischio che si sprechino occasioni e soluzioni.
Ora, detto francamente, non è ancora chiaro se il premier Matteo Renzi possa rappresentare davvero ‘la’ soluzione. Ma certo è una occasione. L’occasione per quel cambiamento richiesto dalla maggioranza degli italiani e sollecitato anche dall’Europa. L’occasione per provare finalmente a modificare le cose.
Ed invece la sensazione è che stiano riprendendo vigore antiche vischiosità e nuovi particolarismi che rischiano di vanificare ogni spinta al cambiamento, con effetti pregiudizievoli anche sulla nostra economia.
Non a caso continua il lento smottamento economico e sociale di un Paese nel quale, dati alla mano, a restare saldamente fermi sono solo i consumi.
Conseguenza inevitabile e fin troppo logica, questa, di un reddito disponibile che continua ad erodersi ed è così praticamente tornato a quello di tre decenni orsono. Un salto all’indietro che somiglia molto ad un capitombolo rovinoso.
Nel lontano 1986, infatti, il reddito a disposizione delle famiglie italiane era pari a 17.200 euro. Nel 2014 siamo attestati a 17.400 euro.
Inutile meravigliarsi, quindi, se la spesa delle famiglie italiane ha registrato, nel corso degli ultimi dodici mesi, una flessione ulteriore di oltre due punti percentuali raggiungendo nell’arco di otto anni una contrazione del 7,6%.
Inutile meravigliarsi, inoltre, se per il prossimo anno la crescita prevista dovrebbe attestarsi su uno striminzito 0,7%.Cifre, ancora una volta, da prefisso telefonico. Non certamente da Paese che galoppa verso un chiaro orizzonte di ripresa.
Il problema, per tantissimi italiani, resta insomma sempre quello di come arrivare alla quarta settimana del mese. In queste condizioni è normale guardare al futuro più o meno immediato con crescente preoccupazione. Una preoccupazione di certo non mitigata dalle ricorrenti incertezze in tema di tasse, a cominciare dalla nebulosa che ancora avvolge la Tasi e che rischia di vanificare definitivamente l’effetto del bonus da ottanta euro sul quale il governo puntava molto per rendere meno asfittica la domanda interna.
Vogliamo continuare a dare credito al governo del premier Renzi. Nonostante qualche balbettio e qualche timidezza di troppo, crediamo infatti che l’attuale esecutivo possa ancora essere in grado di cambiare davvero il Paese nel senso della necessaria modernizzazione, della sburocratizzazione e del ricambio di una classe dirigente oramai anchilosata.
Ma chiediamo un necessario quanto radicale cambio di passo. Il tempo del rodaggio è finito. Il motore del governo deve girare a pieno regime ed innestare le marce alte.
E’ ora. Altrimenti si finirà tutti definitivamente nel pantano di una crisi che agli italiani, dopo le tasche, sta svuotando anche la fiducia nel domani.
 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI