Appena rieletto, Giorgio Napolitano ha richiamato tutte le forze politiche a mostrare un senso di responsabilità finalmente adeguato alle difficoltà del momento vissuto dal nostro Paese.
Parole che pesano, queste del Capo dello Stato, perché suonano come censura evidente dellâincapacità mostrata dai partiti nella vicenda, sofferta e drammatica, che ha portato alla sua rielezione al Colle.
La fumata bianca del laico conclave chiamato ad eleggere il Presidente della Repubblica è stata infatti preceduta da non poche sfumature di grigio e spruzzi di veleno che hanno lacerato anzitutto il campo del centro-sinistra, dando il senso di una politica oramai in pericolo default.
Una politica ed un Paese che oggi si aggrappano nuovamente a Napolitano per non cadere nel baratro. Una politica ed un Paese che perಠnon hanno pi๠la stessa agenda, come ha dimostrato la differenza di clima che, nel giorno della rielezione del Presidente, si viveva allâinterno dellâemiciclo parlamentare e fuori in piazza Montecitorio.
Quasi una plastica rappresentazione della distanza tra un Palazzo arroccato ed esposto ai venti del risentimento generale ed una società che vuole poter contare e decidere di pià¹.
Una contestazione, quella di sabato 20 aprile, che è stata rivolta non tanto alla persona di Napolitano ma proprio ad un sistema accusato di non voler intercettare la richiesta di cambiamento uscita dalle urne dello scorso febbraio.
Questa frattura tra un Paese che ribolle ed una politica che approfitta anche dei momenti istituzionali per regolare i propri conti deve essere al pi๠presto ricomposta. A farlo oggi è stato richiamato Napolitano.
Ma a ricomporre questa frattura, in realtà , dovranno essere anzitutto coloro che lâhanno provocata, cioè proprio quelle forze politiche che oggi cercano riparo sotto lâombrello di Napolitano.
Davanti al rieletto Presidente câè un carico enorme di questioni irrisolte
In questa delicatissima fase della vicenda politica e sociale italiana, il Capo dello Stato è destinato a vedere accrescere il proprio ruolo di garante degli interessi collettivi di un Paese che fatica ogni giorno di pi๠a riconoscersi nellâoperato dei rappresentanti delle istituzioni a tutti i livelli.
In giro câè molto risentimento ed altrettanta sfiducia. Una miscela esplosiva che alla lunga puಠrivelarsi letale per la stessa convivenza civile.
Nei prossimi mesi, quindi, al Presidente Napolitano serviranno pi๠che mai mente fredda e polso fermo per provare a rimettere sulla giusta carreggiata una Nazione che sembra avere smarrito la via.
Compito già non facile di suo, e di sicuro non agevolato dallâaffanno crescente dei partiti e dalla difficilissima congiuntura economica che tocca le tasche di noi tutti.
LâItalia rischia infatti seriamente di chiudere i battenti.
Come opportunamente segnalato nelle scorse settimane dai mezzi di informazione, nei primi tre mesi dellâanno sono già oltre quattromila le aziende italiane che hanno cessato ogni attività , con una media di fallimenti giornalieri che si attesta saldamente su numeri a due cifre.
E quel che è peggio, si tratta di dati in costante crescita per effetto di una recessione che da troppo tempo funge da perverso detonatore.
Cali di fatturato, contrazione degli ordinativi, persistenti problemi di accesso al credito, pressione fiscale sempre meno sostenibile e soprattutto âgiustificabileâ, pagamenti enormemente dilatati nel tempo.
Un insieme di concause che costringe tanti, troppi imprenditori a dover alzare bandiera bianca, ad arrendersi ad una crisi che li vede combattere da soli.
Tuttavia, a fronte di ciಠancora non sembra essere maturata, nei cosiddetti âpalazzi del Potereâ, la giusta consapevolezza che ogni azienda costretta alla chiusura finisce per acuire la crisi del potere di acquisto e dei consumi.
Per questo occorre fare presto, molto presto, a mettere in circolo almeno parte della liquidità rappresentata dai crediti vantati dalle imprese nei confronti dellâamministrazione pubblica.
Si tratta oramai di un problema di elementare sopravvivenza che tuttavia mal si concilia con i bizantinismi di certe procedure che rendono ancora farraginoso lo sblocco delle somme dovute dai committenti pubblici alle imprese.
Eâ stato infatti calcolato che, tra decreti, contratti, certificazioni e comunicazioni, sono ben trentasei i provvedimenti attuativi necessari a far partire la macchina dei pagamenti da parte dellâamministrazione pubblica.
Una enormità , uno spreco di tempo e di energie semplicemente intollerabile. Una corsa a tappe per lâattuazione di questo provvedimento che rischia di lasciare estenuati.
Intanto gli esperti dicono che, sempre per effetto della crisi, una famiglia su tre ha visto almeno uno dei suoi componenti perdere il posto di lavoro in questi ultimi mesi ed un italiano su due ha almeno un parente senza stipendio oppure in cassa integrazione.
Cifre preoccupanti e non certo da potenza industriale con le quali si è destinati a fare conti sempre pi๠pesantissimi se non ci sarà una qualche forma di ripresa.
Il Presidente della Repubblica dovrà misurarsi con tutto questo e, con lâaiuto dei partiti, dovrà essere in grado di tenere insieme un Paese attraversato da tensioni sociali altissime.
Di riunirlo sotto la bandiera della responsabilità e di una ritrovata consapevolezza.
Quello di Giorgio Napolitano, come detto, non è certamente un compito facile, né invidiabile. Ma è augurabile e fondamentale che riesca ad assolverlo. Per il bene di tutti.
Riunire il Paese
___________________________________di Dino Perrone
Il Presidente Napolitano, nel giorno della sua rielezione, ha richiamato le forze politiche ad un pi๠alto senso di responsabilità . Parole che pesano, mentre diventa drammatica lâincapacità di fornire risposte adeguate ai problemi che ci sono posti davanti
Dino Perrone
Presidente Nazionale ACAI