Ripartire, ricostruire, rinascere

Diario Italiano di Dino Perrone

E’ un momento cruciale. Il Paese faticosamente riparte, tra mille cautele e perplessità. E lo fa nella consapevolezza che, se pure il peggio dal punto di vista sanitario ci auguriamo sia ormai alle spalle, altre insidiose battaglie attendono d’ora in avanti ognuno di noi.

E’ un Paese che deve in qualche modo ripensarsi, reinventarsi. Un Paese che si affaccia su un’estate che si annuncia difficile e che condurrà ad un autunno tra i più complicati della nostra storia recente.

Il peggio, come detto, ci auguriamo sia alle spalle. Ma il meglio non si intravede. Il punto è proprio questo. Il governo ha varato misure urgenti per provare a tamponare l’emorragia economica e sociale. Ma la ferita è lungi dall’essere suturata e guarita. Ci vorranno mesi, probabilmente anni. Ci vorranno pazienza, tenacia e fiducia.

Ci vorrà insomma l’Italia migliore. Quella capace di fermarsi sul ciglio del burrone, di tirar fuori energie insospettate e di sorprendere in positivo.

E questa Italia non può prescindere dalle piccole e medie imprese.

Inutile però farsi soverchie illusioni. Molte di queste realtà produttive rischiano di sparire nei prossimi mesi, di non reggere alle ricadute devastanti di un lockdown economico che non ha fatto e non farà sconti a nessuno.

Occorre un piano straordinario di sviluppo che aiuti le realtà produttive, in special modo quelle di dimensioni medio-piccole, a tenersi in piedi.

La situazione è infatti drammatica.

Le previsioni della Commissione europea indicano per l’Italia una riduzione del 13% del volume delle esportazioni, con una contrazione del Pil del 9,5 tra le peggiori nell’Unione europea, ed una crescita per il 2021 che non sarà in grado di recuperare interamente le perdite di quest’anno.

Ricadute devastanti anche per la domanda interna. Per quest’anno i consumi privati scendono del 10,9%, gli investimenti del 14,2%, quelli in macchinari addirittura del 20,7%.

Ed ecco allora la necessità appunto di ripensare, reinventare, in qualche modo rinascere.

Hanno infatti ragione quanti sostengono che occorrano un nuovo modello di economia e società, nuove strategie industriali e nuove visioni del mondo, abbandonando schemi superati ed angusti, restituendo alle competenze ed alle conoscenze il ruolo che meritano.

Siamo infatti dinanzi ad un bivio cruciale. Una crisi come quella che stiamo attraversando, se non adeguatamente affrontata, potrebbe innescare una catastrofe sociale, politica ed economica dalle conseguenze imprevedibili. Ma potrebbe anche, se correttamente contenuta e risolta, dare inizio a un rinnovamento profondo dell’assetto socio-economico nel nostro Paese come in tutta Europa. Sì, proprio quell’Europa che deve al più presto ritrovare lo spirito dei suoi padri fondatori se non vuole rassegnarsi a un declino irreversibile e neppure tanto lento.

Non dovrà mancare, nel momento di questa faticosa ripartenza, l’afflato sociale. Non dovrà mancare l’attenzione alle fasce più deboli. Non dovrà mancare la lungimiranza di uno Stato che deve dimostrarsi davvero vicino alle famiglie ed alle imprese. Vicino nei fatti concreti, non solo negli annunci.

Garantire liquidità ai cittadini ed alle imprese, con lo scopo di salvaguardare la produzione e sostenere la domanda interna, sono gli obiettivi dichiarati dall’esecutivo Conte sin dal decreto “Cura Italia” per non lasciare senza reddito intere fasce di popolazione con conseguenze catastrofiche per la tenuta sociale ed economica del Paese.

Ora ci aspettiamo il cambio di passo, la visione allargata. Lo sguardo all’intera foresta e non limitato agli alberi che la compongono. Ci aspettiamo non solo fondi a pioggia per alleviare le sofferenze del momento, ma provvedimenti che puntino a cambiamenti strutturali.

Per rinascere, appunto. Per ripartire e ricostruire.