Eâ questa la strada maestra per condurre il Paese fuori dal pantano della crisi economica. Ma lavoratori ed imprenditori, da soli, non possono fare tutto. Tocca alla politica favorire le condizioni del rilancio dellâintero sistema
Si riuscirà davvero a far imboccare al nostro Paese la strada della ripresa ?
Lâinterrogativo è dâobbligo, dal momento che si è ancora in attesa del tanto auspicato âsecondo tempoâ del governo Monti. Quello cioè che, dopo le dosi massicce di risanamento e rigore che in questi mesi hanno finito soprattutto col prosciugare le tasche degli italiani, dovrebbe garantire, almeno nelle intenzioni, la crescita e lo sviluppo della nostra economia.
Ma nel mentre questo âsecondo tempoâ tarda ad arrivare, allâorizzonte si profila addirittura il fischio finale della partita, ovvero il termine della legislatura con il ritorno alle urne.
A questo appuntamento elettorale rischia così di arrivarci un Paese stanco, pesantemente sfibrato, pervaso da un senso di profonda sfiducia. Un Paese persino incattivito.
In simili condizioni è davvero difficile ipotizzare quale sarà il responso delle urne. Eâ auspicabile solo che non prevalgano le spinte astensionistiche, come invece avvenuto nel recente voto regionale siciliano, e che la politica ritrovi finalmente un senso.
Nei giorni scorsi, a pi๠riprese, il premier Monti si è detto soddisfatto del lavoro sin qui compiuto. Ma questo lavoro, finora, non è bastato a far ripartire il Paese. Forse lo ha salvato da guai peggiori, ma certo non lo ha guarito e meno che mai rinvigorito.
Chiunque sarà chiamato a governare allâindomani delle elezioni nazionali avrà dunque un compito estremamente complicato da svolgere.
Si tratterà appunto di far ripartire concretamente il Paese.
Ci sarà bisogno di competenza, serietà , compostezza. Ma anche di un rigore non disgiunto dalla necessaria comprensione per le esigenze dei cittadini e da una lettura delle cose meno notarile e pi๠partecipata.
Una lettura delle cose e dei processi in atto, è questo il punto, che deve avere come principale riferimento le persone e non lâeconomia, le famiglie e non i mercati, le imprese e non le centrali finanziarie sparse per il mondo.
La âpausa tecnicaâ rappresentata dal governo Monti sarà stata allora davvero salutare per il nostro Paese solo se la politica, riprendendosi pienamente la scena, mostrerà di aver fatto un necessario bagno di umiltà , mostrandosi capace di calarsi nuovamente nella realtà .
E lâanalisi della realtà non puಠche rafforzare una mia profonda convinzione già pi๠volte espressa in passato. E cioè che questo nostro Paese ha bisogno del lavoro e delle imprese. Che questo nostro Paese, se vuole non solo salvarsi ma anche provare a ripartire, deve salvaguardare il lavoro e le imprese.
Deve farlo subito, deve farlo adesso.
Ad esempio, cosa ancora si aspetta per intervenire non solo sul cuneo fiscale che appesantisce le buste paga ma anche in tema di accesso al credito per le imprese ?
La crisi di fiducia dei mercati si è infatti rapidamente tradotta, per le piccole e medie imprese, in una significativa restrizione del credito ed in una altrettanto significativo, e pesantissimo, aumento del suo costo.
Si calcola che da maggio 2011 in avanti gli aumenti dei saggi di interesse sono stati costanti, con tutte le operazioni erogate a tassi crescenti sino a toccare il picco del 4,18% nel dicembre dello scorso anno. Un vero e proprio salasso per le nostre imprese, esposte alle oscillazioni dello spread in una misura spaventosa e sempre meno sostenibile nel medio periodo.
Infatti, avendo come riferimento i dati recentemente messi a disposizione da Bankitalia, emerge che negli ultimi sedici mesi lâesborso aggiuntivo in interessi passivi che le nostre aziende hanno dovuto pagare alle banche per effetto della corsa dello spread arriva a sfiorare lâiperbolica cifra di cinque miliardi di euro.
Una enormità .
Una palla al piede per lâintero sistema produttivo che, oltre a questo aumento dei costi, continua sempre a fare i conti con una restrizione delle erogazioni da parte delle banche che, a loro volta, lamentano una minore domanda di finanziamenti dovuta proprio ai costi crescenti.
Il lavoro e le imprese, come detto, possono far ripartire lâItalia.
Ma lavoratori ed imprenditori, da soli, non possono fare tutto.
Tocca infatti alla politica adottare le scelte pi๠opportune per mettere il lavoro e le imprese nella condizione di poter salvare lâintero sistema.
Insomma, a ciascuno la sua parte.
Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI