Rinvigorire un Paese stanco

Diario Italiano di Dino Perrone

Tocca dunque a Mario Draghi.

Dopo lo sfarinamento della precedente coalizione di governo, è il turno dell’economista, accademico, banchiere e dirigente pubblico e privato che può mettere in campo tutto il peso del prestigio internazionale che ha raccolto negli anni, specialmente quelli spesi a capo della Banca Centrale Europea.

Si apre una stagione nuova, probabilmente improntata ad un sano realismo e ad una maggiore parsimonia nella comunicazione pubblica istituzionale.

Draghi ha davanti un compito estremamente arduo. E rimane ovviamente cruciale il ruolo e la funzione dei partiti. Infatti è inutile nascondersi dietro un dito: finita la “luna di miele” che sempre caratterizza le settimane iniziali di ogni nuovo esecutivo, le forze in campo cominceranno a prendersi reciprocamente le misure e, inevitabilmente, ci saranno momenti di tensione e frizioni. A Draghi, al Draghi “politico” più che al tecnico di provata esperienza, il compito di superare le difficoltà di gestione, portare avanti con coerenza il programma e rinvigorire un Paese che è profondamente stanco.

Un Paese stremato, sfibrato da una pandemia che non accenna a mollare la presa e timoroso nei riguardi di un futuro carico di incognite e incertezze.

Secondo gli ultimi dati dell’Inps, l’impatto della crisi sul mercato del lavoro ha fatto registrare la perdita di 664 mila 423 posti, di cui 445 mila 471 a termine, colpendo in gran parte donne e giovani. Ed il nuovo governo, mai così eterogeneo negli schieramenti che vi sono rappresentati, deve avviare la sua difficile navigazione tra blocco dei licenziamenti, riforma degli ammortizzatori e dei centri di riqualificazione, aziende sane e imprese in crisi. Tanti potenziali iceberg sui quali può subito infrangersi la nave guidata da Draghi.

Tuttavia per la prima volta l’Italia ha a disposizione ingenti risorse comunitarie per affrontare le urgenze economiche e sociali che si sono create. Sarebbe davvero delittuoso non cogliere questa storica occasione.

La gestione degli investimenti e i loro effetti avranno ricadute consistenti ma non sempre immediatamente positive nel breve periodo. Ed è per questo motivo che la coesione sociale andrà garantita e rafforzata.

Draghi dovrà quindi essere bravo a dialogare. Il confronto con tutte le forze sociali, il contatto costante e profondo con le pulsioni del Paese saranno elementi fondamentali per mantenere un grado di consenso e di credibilità necessario a non frantumare la coesione. Ed in questo i partiti dovranno aiutarlo, anche quando si troveranno a dover compiere scelte dolorose, persino impopolari.

Ad esempio, il nuovo capo dell’esecutivo ha già fatto capire che, a suo giudizio, aiutare le aziende che non hanno più un futuro è dannoso oltre che inutile. Una iniezione di realismo che però può essere assai urticante per quanti inseguono il facile consenso, magari esclusivamente via social.

Mario Draghi è chiamato a salvare imprese e posti di lavoro che hanno un futuro. E possibilmente a favorire la nascita di nuove imprese e di altri posti di lavoro. Un compito di tremenda difficoltà, se non adeguatamente sostenuto e compreso da tutti gli attori coinvolti.

La sensazione diffusa è che siamo, tutti, davanti ad un bivio.

Infatti le politiche espansive, che tutti auspicano, possono essere divisive tanto quanto quelle di austerità. Come, dove e quante risorse allocare per ogni cosa, quali settori privilegiare, quali ridimensionare perché non più funzionali e addirittura antistorici?

Il presidente Draghi dovrà essere capace di far convivere poli opposti, in tutti i campi. Sperando che le risorse a disposizione, non solo economiche,  riescano a bastare.