Rimettersi in piedi

___________________________________di Dino Perrone

 
E’ questa la priorità  pi๠urgente per rendere credibile il nostro Paese. Come fare ? Ad esempio, cominciando finalmente   ad onorare, in maniera concreta e con certezza di tempi, gli impegni assunti dalla pubblica amministrazione nei confronti delle imprese.

Dunque, ancora non ci siamo.
E’ passato oltre un mese dal voto politico di fine febbraio e l’Italia continua ad essere in cerca di un nuovo governo.
Il tutto mentre occorre scongiurare anche il rischio di un ingorgo istituzionale rappresentato dalla contestuale scadenza del settennato di Giorgio Napolitano al Quirinale. E certamente non è un caso che l’agenda politica in queste settimane abbia riscritto le sue priorità .
Adesso, infatti, al primo punto dell’ordine del giorno non vi è pi๠il varo del nuovo esecutivo ma appunto la ricerca di una intesa, la pi๠ampia possibile, per indicare il nome del nuovo Capo dello Stato.
La sensazione, certo non nuova ma oggi ancora pi๠sgradevole, è perಠquella di un generale avvitamento.
La sensazione cioè è che la politica continui ad ansimare, a mostrarsi inadeguata a risolvere il carico di problemi di una società  italiana in grande sofferenza. Altrimenti non ci sarebbero stati i tecnici “montiani” prima ed i “saggi” o “facilitatori” individuati dal Presidente Napolitano in queste ultime settimane.
La politica, insomma, sostanzialmente continua a mostrare di avere la tentazione di abdicare, delegando ad altri soggetti il compito di indicare e praticare le soluzioni ai problemi da essa stessa determinati.
Individuare una via d’uscita appare ogni giorno pi๠difficile. Sembra di assistere ad una sorta di gioco dell’oca, con il rischio di ritrovarsi sempre alla casella iniziale.
Ma al di là  delle soluzioni che potranno e dovranno inventarsi le forze politiche per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e successivamente decidere se tenere in piedi ovvero, al contrario, affossare la legislatura da poco iniziata, questo nostro Paese si rimetterà  concretamente in piedi solo se tornerà  ad essere credibile agli occhi dei suoi cittadini.
E per essere credibili non c’è altra strada che quella di cominciare finalmente a tenere fede ai propri impegni.
Uno di questi impegni, manco a dirlo, riguarda la soluzione, in tempi certi, dell’ormai drammatico problema dei debiti che le pubbliche amministrazioni hanno nei confronti delle imprese.
Parliamo di circa settanta miliardi di euro, con ritardi di pagamento che superano mediamente i centottanta giorni.
Una prima, se pure largamente incompleta risposta dovrebbe arrivare finalmente in questi giorni. Una risposta ancora pi๠attesa, specie da quando nelle scorse settimane la Commissione dell’Unione Europea, con la lettera dei vicepresidenti Rehn e Tajani, aveva dato un primo via libera allo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione.
Ma si tratterà  comunque di poca cosa. Una goccia nel deserto, niente di pià¹. E l’arsura, acre come la ruggine, che stringe la gola alle nostre imprese sarà  solo allentata per un breve periodo.
Tutto questo perché, al di là  dei vincoli di bilancio interni ed europei, non si è ancora compreso che quella dei debiti dello Stato nei confronti delle imprese non è solo una mera questione economica o contabile.
E’ molto di pià¹.
E’ una questione di elementare civiltà  relazionale perché uno Stato che chiede, anzi giustamente pretende da cittadini ed imprese che siano rispettati gli obblighi di pagamento nei confronti della sua elefantiaca amministrazione pubblica, deve essere a sua volta adempiente quando si tratta non di chiedere o pretendere ma di assolvere ai propri impegni.
Non sarà  infatti mai credibile, e quindi anche autorevole, uno Stato che da un lato impone una pressione fiscale sempre meno sostenibile, specie in un contesto di diffusa recessione come l’attuale, mentre dall’altro non ritiene di onorare gli impegni presi con i propri fornitori.
Finora questa “reciprocità â€ è mancata, ingenerando sfiducia nei cittadini e provocando non pochi problemi di sostenibilità  economica alle nostre imprese, oltre che un triste ed intollerabile rosario di suicidi di lavoratori e di piccoli e medi imprenditori.
E’ questo il nodo che il prossimo Capo dello Stato ed il prossimo Governo saranno chiamati a sciogliere rapidamente, ciascuno nel rispetto dei propri ruoli.
In gioco non vi è solo la tenuta del nostro sistema produttivo. In gioco vi è appunto la credibilità , e quindi la stessa ragion d’essere, dell’intero Paese.
 

Dino Perrone
Presidente Nazionale ACAI