Ricominciare, ripartire, riscoprire

________________________________di Dino Perrone

 

 

L’Italia è attesa da dodici mesi impegnativi. Occorre fare in modo che anche il 2018 non si riveli un anno sprecato, pieno di problemi e di mancate risposte. Il mondo artigiano e delle professioni è pronto ad indicare la giusta via della rinascita

Si consegna alla Storia anche il 2017.

Un anno convulso e di transizione, nel corso del quale la crisi economica non ha dato tregua soprattutto ai ceti più disagiati, mettendo a dura prova la stessa coesione etica del Paese.

Sono aumentati i poveri, lo confermano tutte le statistiche, e sono cresciuti anche nel ceto medio i nuclei familiari a rischio. Una “febbre sociale” che non può continuare ad essere contrastata con semplici pannicelli caldi.

Sul fronte politico i partiti non sono stati in grado di svincolarsi dalla spire di una sempre più spocchiosa autoreferenzialità che ha avuto, come unico risultato, quello di alimentarne il distacco dai cittadini.

Ed infatti l’incognita più vera delle ormai già prossime elezioni è rappresentata dall’astensionismo che influenzerà in maniera decisiva l’esito del voto, come si è già visto in Sicilia e ad Ostia.

Un anno, insomma, pieno di problemi e di mancate risposte. In questo senso può parlarsi, allora, di un anno sprecato.

Ed ora ?

Ora, come di consueto, ci apprestiamo a voltare pagina. Ad affrontare i mesi che verranno, almeno nelle intenzioni, con lo spirito di chi vuole scrivere un finale diverso.

Non è facile, ovviamente.

Vi è come la sensazione che nessuno sappia dove stia andando realmente il Paese. Siamo di fronte ad un decisionismo finto, ad un volontarismo estremo. In realtà sembra che non sia chiaro l’obiettivo che si vuole raggiungere. Si sta sulla forma, mentre i contenuti restano carenti ed una visione vera non c’è. Manca una profondità ed una coerenza. Il nostro Paese sembra procedere ad occhi bendati e si ha proprio l’impressione che siano venuti meno alcuni valori fondamentali.

I valori appunto.

L’Italia ha davvero necessità di riscoprire il proprio ricchissimo alfabeto valoriale. Di attingere ad esso per articolare un nuovo discorso sociale che riporti sulla strada maestra una società che oggi prosegue, invece, a tentoni. In preda ad una sorta di generale spaesamento.

I segnali di questo decadimento, purtroppo, sono molteplici ed inquietanti.

Il discorso pubblico, ad esempio, è inquinato ed è franato ormai a livelli allarmanti. Prevale il dileggio, l’invettiva, la falsa verità, la tesi precostituita ad arte.

Invece bisogna fare in modo che le parole tornino al loro significato ed ispirino gesti e comportamenti più ragionevoli.

L’Italia di oggi rischia di essere come il bianco dell’uovo. Di non avere cioè alcun sapore, di non sapere di niente. Anche montato dalle mani migliori, il bianco dell’uovo continua a non sapere di niente.

A ben pensarci, la malattia più grave dei nostri giorni è quella di essere immersi in un presente che logora tutto e tutti e che, inesorabilmente, consuma valori e credibilità. Ma senza memoria non c’è futuro e, per avere la prima e costruire il secondo, bisogna invece conoscere in profondità la nostra storia, capire chi siamo e ricordarci da dove veniamo, intraprendere un cammino di lungo corso, fuori da populismi e giacobinismi. Il futuro si costruisce con la solidità della memoria e l’intelligenza umile di aggirare le trappole di un presente litigioso e inconcludente.

In questa opera di ricostruzione, che sarà lunga quanto faticosa, forse è il caso di avere come riferimento ideale proprio il mondo artigiano e delle professioni con la sua complessa fecondità valoriale.

E’ infatti arrivato il momento di recuperare il gusto del lavoro ben fatto, a partire proprio da quello manuale, dell’artigianato di qualità, dei mestieri d’arte.

Il lavoro è dignità, inclusione, comunità, possibilità di costruirsi il proprio destino, di crearsi una famiglia, di ritagliarsi una indipendenza. Il resto, compreso il reddito di inclusione, è altro. Il resto rischia di essere solo assistenza, non sviluppo individuale e collettivo.

Su questo, approssimandoci a prendere le misure del nuovo anno, è opportuno che si rifletta tutti insieme. Senza pregiudiziali, senza superbie intellettuali.

Bisogna avere l’umiltà di ricominciare, ripartire, riscoprire.

Il nostro Paese ha un senso compiuto, e può davvero rialzarsi, solo se torna ad essere capace di ascoltare la propria anima profonda.



Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI