Né facile né felice

________________________________di Dino Perrone

 
 E’ questa, oggi, la condizione del nostro Paese. E mentre la politica si avvita tra ritardi e tatticismi, non dando risposta ai  problemi delle persone, un crescente numero di famiglie sta scivolando verso nuove ed intollerabili forme di povertà 

Nel Paese tira una brutta aria.
L’oramai decennale crisi che ha investito l’economia internazionale continua a produrre frutti molto amari.
Tutto questo nonostante l’Ocse, nelle scorse settimane, abbia ritoccato al rialzo la previsione di crescita economica dell’Italia, stimando ora un incremento del Pil dell’1% dopo il +0,9% indicato sul 2016. I dati, contenuti nel rapporto annuale sulla penisola, risultano di un decimale di punto più elevati rispetto alle stime contenute nell’Economic Outlook dello scorso 28 novembre.
Ma si tratta di una goccia nel mare delle difficoltà in cui si dibatte il Paese. Una goccia che certo non placa l’arsura provocata da un Prodotto interno lordo pro-capite calato invece di circa il 10 % e tornato allo stesso livello del lontano, quasi preistorico 1997.
Insomma, ci stiamo magari riprendendo come Italia, sia pure molto lentamente, ma come italiani continuiamo a patire grosse difficoltà.
Del resto, proprio l’Ocse sottolinea come dall’inizio della crisi la povertà assoluta in Italia è quasi raddoppiata rispetto ai livelli precedenti ed ha colpito in maniera particolare giovani e bambini.
L’analisi, infatti, mette in rilievo come il tasso di povertà assoluta tra le famiglie con uno e due bambini sia salito rispettivamente dall’1,1% e il 2,3% del 2006 al 4,9 e all’8,6 % nel 2015. Un dato intollerabile.
Un balzo verso il vuoto della disperazione che dimostra come, oggi, il nostro sia un Paese poco felice e soprattutto non facile per le fasce meno protette a livello economico.
Dal 2007 al 2013, poi, il tasso di povertà assoluta tra le persone al di sotto dei 25 anni è aumentato di oltre 3 punti percentuali.
Dinanzi a questi dati appare sempre più netta la distanza tra l’agenda della politica e le condizioni di indigenza e di difficoltà, non solo economiche ma oramai anche psicologiche, di chi è in attesa di risposte credibili in termini di solidarietà e sussistenza.
Una distanza che preoccupa perché potrebbe rappresentare anche l’uscita, speriamo non definitiva, del valore dell’uguaglianza dall’orizzonte di impegno della maggior parte delle forze politiche. Se così fosse, si spalancherebbero le porte all’affermazione di un modello economico e culturale che, ignorando l’esigenza di una più equa redistribuzione di risorse e opportunità, finirebbe solamente per alimentare una sempre più cruenta guerra tra poveri.
E la povertà, in Italia, ha ormai facce molteplici. Ne cito due.
Secondo le più recenti statistiche, ci sono ben undici milioni di cittadini italiani che rinunciano alle cure perché non hanno le risorse per farlo. Si tratta di tutti coloro che sono scivolati in quella che viene chiamata “povertà sanitaria”. Un  tipo di indigenza che impedisce ogni seria politica di prevenzione e che, alla lunga, avrà altissimi costi sociali.
C’è poi chi fatica a garantirsi l’energia necessaria per vivere un’esistenza dignitosa. E’ il fenomeno cosiddetto della “fuel poverty”, indicando con questa espressione la mancanza di accesso a forme adeguate, affidabili e sicure di energia a prezzi sostenibili per soddisfare i bisogni primari degli individui, come mangiare, riscaldare gli ambienti, spostarsi.
Un fenomeno che coinvolge tra i tre ed i quattro milioni di cittadini. Famiglie per le quali il gas e la luce costano troppo, famiglie che non riescono a pagare le bollette con il rischio di arrivare al distacco delle utenze.
Anziani, disabili, famiglie con bambini piccoli, malati che debbono servirsi di apparecchi elettromedicali e anche tutte quelle persone che hanno abitazioni inefficienti dal punto di vista energetico. Per tutti costoro quelli che sono servizi essenziali rischiano di trasformarsi in lussi insostenibili.
Avere un reddito dignitoso, oppure una piccola pensione, può infatti non bastare ad assicurarsi l’energia necessaria  e la bolletta può diventare un serio problema, specie alla luce dei rincari che ad esempio ha registrato il gas dall’inizio dell’anno. Una emergenza di cui si parla poco ma che potrebbe anche questa avere costi sociali non più sostenibili.
Due tipi di povertà. Due facce, tra le tante possibili, di una stessa medaglia forgiata da una crisi che sembra non avere mai fine. Una crisi dinanzi alla quale la politica dovrebbe smetterla di avvitarsi in tattiche e divisioni strumentali, calandosi una volta per sempre tra il vissuto delle persone, provando a dare risposte alle tante emergenze.
Non facile né felice, questa nostra Italia. Un Paese che, quando sente pronunciare la parola futuro, rischia oramai di avvertire solo un brivido freddissimo lungo la schiena.

 


Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI