Lo slogan i simboli. E poi?

___________________________________di Dino Perrone

 

Continua a calare il clima di fiducia delle imprese italiane, mentre aumenta il numero delle famiglie che riducono persino le spese alimentari. Tutti segnali di un Paese impoverito, con sempre minori risorse e che stenta a ripartire davvero

 

La riduzione delle ferie giudiziarie dei Tribunali a 20 giorni “è un simbolo, ma importante’.

Così il premier Matteo Renzi si è espresso nelle scorse settimane annunciando di voler contrarre il periodo di sospensione feriale nell’ambito del pacchetto di riforme della giustizia che dovrebbe portare anche all’abbattimento dell’arretrato in materia civile.

Questo arretrato certamente non si smaltisce dimezzando semplicemente le ferie nei tribunali, che comunque anche ad agosto non chiudono. Tuttavia, a parere del primo ministro, restano il simbolo e l’importanza del provvedimento annunciato.

Misura importante e parimenti simbolica era stata definita anche l’erogazione in busta paga degli ottanta euro in più ad una vasta platea di nostri concittadini che, dati alla mano, non ha fatto ripartire la domanda interna non essendo stata registrata in questi mesi alcuna impennata nei consumi.

Ed anche in tema di riforma dello Stato, a partire da quella che manda in pensione il Senato nella sua attuale conformazione, più volte in passato il primo ministro ha sottolineato il valore simbolico di un provvedimento che vuole innovare e snellire la vita istituzionale italiana.

Questa continua sottolineatura della valenza simbolica dei provvedimenti che vengono messi in agenda sta però finendo per conferire pieno diritto di cittadinanza alla crescente sensazione di essere alle prese con un esecutivo capace di adottare misure più che altro simboliche.

In politica è certamente vero che i simboli sono importanti. Ma più importanti restano i fatti concreti.

Vorremmo quindi che finalmente si passasse dai simboli alle persone. Dallo slogan ad effetto propinato quotidianamente ad un agire politico forse meno reclamizzato ma più avvertito e partecipato. Dalle misure ad alto contenuto simbolico a quelle ad alto tasso di realizzazione pratica.

Che si passi, insomma, dalla poesia alla prosa.

Infatti, con buona pace dei simboli e degli annunci, secondo l’Istat il clima di fiducia nelle imprese manifatturiere ha segnato ad agosto una flessione decisa, passando a 95,7 da 99,1 di luglio. Si tratta del livello più basso da un anno. La fiducia è scemata anche negli altri settori: costruzioni, servizi di mercato e commercio al dettaglio.

E passando dalle imprese alle famiglie, sempre con buona pace di simboli ed annunci, si scopre che gli italiani continuano a tagliare persino sulle spese alimentari, la cui contrazione su base annua si è attestata al 2,4%. Si calcola che siano oramai oltre tre milioni i nuclei familiari costretti a fare acquisti negli hard discount, in aumento del 48 per cento rispetto all’inizio della crisi.

Tutto ciò conferma amaramente che non basta uno slogan a far ripartire l’economia. Non basta un ‘cinguettio’ su Twitter a restituire fiducia al Paese. Non basta aggiornare il cronoprogramma governativo, dilatandolo dagli originari ‘primi cento giorni’  agli attuali ‘mille giorni’.

Non basta darsi scadenze sempre più impegnative. Occorre essere in grado di rispettarle.

Un Paese non si governa online. Un Paese si governa giorno per giorno. ‘Passo dopo passo’, per usare appunto un recente slogan renziano.

E soprattutto si governa, un Paese come il nostro, facendo finalmente comprendere ai cittadini in quale direzione si vuole concretamente andare.

Questa direzione, allo stato, francamente non è ancora ben chiara.

Non è chiaro cioè se questo esecutivo, oltre alla dichiarata volontà, ha davvero la forza e la capacità di rompere definitivamente con il passato, facendo finalmente svoltare l’angolo ad un Paese che continua a camminare sulle sabbie mobili. Se lavora, cioè, per le prossime generazioni o più semplicemente per le prossime elezioni.

Beninteso, da parte del governo è legittimo evidenziare ogni iniziativa tendente a scardinare posizioni di rendita di soggetti e settori sempre più anchilosati. Purchè il tutto non rimanga però la solita immagine di facciata, che dopo un po’ fa tornare le cose come prima, sotto il peso delle resistenze a qualsiasi innovazione.

Il tempo delle parole è infatti finito. Serve l’eloquenza dei fatti.

La primavera, specie in questo incipiente autunno, è ancora molto lontana. E per suscitarla servono massicce iniezioni di fiducia che non possono certo essere garantite solo da un tweet.

Restiamo sempre in attesa della scossa positiva in campo economico che sia capace di riaccendere la luce in tutta Italia, stimolando investimenti e nuovo lavoro. Finora questa scossa non c’è stata. La colpa certo non è solo di Renzi, ma sul giovane premier grava il peso e la responsabilità di aver suscitato in questi mesi aspettative altissime.

Stasera, dopo il lavoro, torneremo a casa. Gireremo fiduciosi l’interruttore, come sempre. Sperando che la luce sia finalmente tornata.

Al primo ministro tocca il compito di non spegnere anche questa ultima speranza.

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI