L’Italia delle troppe culle vuote

________________________________di Dino Perrone

 

Nascite in caduta libera e aumento dei decessi. Siamo quasi all’allarme demografico per il nostro Paese che, statistiche alla mano, appare sempre più vecchio e sfiduciato. Un fenomeno preoccupante che getta un grande cono d’ombra sul futuro della nostra società

L’Italia continua a non crescere come dovrebbe, questo ormai lo sappiamo bene. Per crescere servono tante cose, ovviamente. Ed anche questo lo sappiamo non certo da oggi.

Ma il guaio è che per il nostro Paese anche nascere rischia di diventare un esercizio sempre più complicato.

Il 2015 da questo punto di vista è stato infatti un anno drammatico.

Lo ha rilevato un recente report dell’Istat certificando che le nascite sono state al minimo storico a partire dall’Unità d’Italia, mentre il tasso di mortalità è risultato il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. Il risultato è che la nostra popolazione residente, in appena dodici mesi, si è ridotta di quasi 140mila unità.

Lo scorso anno le nascite sono state infatti solamente 488mila, ben 15mila in meno rispetto al 2014. Il 2015 è stato inoltre il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, arrivata a 1,35 figli per donna mentre l’età media delle mamme  è salita a 31,6.

Attualmente la popolazione totale è di 60 milioni 656 mila residenti. Gli stranieri residenti sono poco più di 5 milioni con un incremento rispetto a un anno prima di 39mila unità.

Gli ultrasessantacinquenni sono oramai oltre 13 milioni, pari al 22% del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva di 15-64 anni (39 milioni, il 64,3% del totale) sia quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7%).

Diminuisce anche la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85).

Cosa suggeriscono questi dati ? Suggeriscono, come prima cosa, di preoccuparsi non poco.

Infatti, secondo Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’Università di Milano Bicocca, “occorre risalire al triennio 1916-18 per trovare, sommando le drammatiche conseguenze della Grande Guerra agli effetti non meno letali dell’epidemia “spagnola”, un calo di dimensioni quasi comparabili”.

Perdere in dodici mesi 140mila residenti, del resto, significa, come pure è stato detto, che una città di medie dimensioni è sparita nel nulla. Appunto come in guerra o dinanzi a disastri epocali.

Ma tutto questo non può certo essere un caso.

Si tratta di dati drammatici che chiamano in causa la necessità di una svolta reale ed urgente in tema di politiche di sostegno alla famiglia.

Facciamo meno figli semplicemente perché non sempre crediamo ci siano le condizioni favorevoli per metterli al mondo. Non a caso il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha parlato di “dati impressionanti”, dichiarando che “le culle vuote sono il principale problema economico del Paese” e nel contempo rassicurando che sono allo studio sia misure per il sostegno della donne che lavorano sia novità sul fronte del bonus bebè.

Basteranno queste nuove e per ora ancora nebulose misure ancora allo studio ? Mi sia consentito nutrire qualche ragionato pessimismo.

I figli infatti non basta farli nascere. Vanno poi fatti crescere, educandoli, formandoli ed aiutandoli per l’inserimento nel mondo del lavoro. Si tratta, com’è ovvio, di un percorso che richiede anni, nel corso del quale, ed è questo il punto,  un Paese deve sostenere le famiglie non solo attraverso saltuari o sporadici aiuti economici, ma fornendo soprattutto servizi ed opportunità.

Tutto questo nel nostro Paese, se non proprio è mancato, certamente è stato in larghissima misura insufficiente.

La perdurante crisi economica ha avuto un ruolo di non poco peso in questo crollo delle nascite che getta un pesante cono d’ombra sul futuro della nostra società. Il progressivo impoverimento delle famiglie ha inevitabili quanto dolorose ricadute concrete a supporto di una scelta, appunto quella di mettere al mondo dei figli, che è certamente importante per la vita degli individui ma che diventa fondamentale per il futuro di ogni Paese.

In tempi di dibattiti fin troppo astiosi e roventi in materia di unioni civili e adozioni, una riflessione pacata su tutto questo appare più che mai opportuna. Anzi doverosa.

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI