L’invisibile pena dei bambini migranti

________________________________di Dino Perrone

 

Negli ultimi anni è drammaticamente aumentato il numero dei minori non accompagnati arrivati nel nostro Paese. Ed anche su di loro, i più indifesi, c’è il rischio di riversare quel rancore profondo e quella paura dell’altro che oggi deturpano la nostra società

Ci sono alcuni dati statistici che, nella loro cruda eloquenza, dovrebbero farci saltare sulla sedia, ridestandoci dal torpore in cui abbiamo purtroppo immerso le nostre coscienze. Ci sono  letture che, semplicemente, dovrebbero farci stare male e scuoterci nel profondo.

E’ il caso del rapporto stilato da Save the Children, tra le principali organizzazioni internazionali a sostegno dell’infanzia, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Una raccolta di dati, storie e mappe dei percorsi dei minori migranti e della loro nuova vita in Italia.

Una lettura devastante.

Negli ultimi cinque anni, a partire dalle cosiddette “primavere arabe” del 2011, il numero di questi minori soli è cresciuto di sei volte arrivando a toccare nel dicembre del 2016 le 62.672 unità. Parliamo di quelli che le nostre istituzioni, con la neutralità propria degli acronimi, chiamano “Msna”, vale a dire minori stranieri non accompagnati.

Un acronimo che tuttavia non può certo anestetizzare il problema, dato che si tratta sostanzialmente di bambini, visto che uno su sei ha meno di quattordici anni, che purtroppo hanno già dovuto affrontare micidiali viaggi da soli in cerca di un futuro dignitoso per fuggire dalle guerre, dalla povertà, dalle dittature.

Dati allarmanti che registrano un progressivo aumento di adolescenti e bambini nella fascia da zero a quattordici anni e una presenza addirittura quadruplicata di ragazze migranti in viaggio senza famiglia. Queste ultime, provenienti soprattutto da Nigeria ed Eritrea, sono a forte rischio di tratta della prostituzione e molte di loro, durante la fuga, sono state già vittime di violenza sessuale.

Il rapporto di Save the Children ci dice che il gruppo più consistente di minori soli, arrivati in Italia negli ultimi sei anni, proviene dall’Eritrea (17,8 per cento), seguito da Egitto (13,2%), Gambia (10%), Somalia (9,1%), Nigeria (7,9%) e Siria (5,2%).

Ed una volta in Italia, questi ragazzini e queste ragazzine senza più punti di riferimento affettivi ben saldi, quale Paese incontrano ?

Purtroppo un Paese spesso diffidente e, nel peggiore dei casi, addirittura ostile. E’ fin troppo facile fare riferimento anche a recenti e drammatici fatti di cronaca.

C’è purtroppo una scia rancorosa che attraversa le nostre comunità, anche quelle più piccole e fuori da ogni attenzione mediatica. Un clima generale che rende difficile, anche in questi casi, accogliere, proteggere, far crescere insieme. C’è il rischio, fin troppo concreto e quotidiano, che anche su di loro, i più indifesi, si abbattano quelle diffidenze e quelle paure dell’altro che deturpano il volto del nostro vivere civile.

Lo scorso aprile, al termine di un iter di quasi tre anni, è stato approvato il nuovo testo sui minori stranieri non accompagnati, conosciuto anche come legge Zampa, dal cognome della deputata del Partito Democratico vicepresidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza e prima firmataria del provvedimento.

Uno strumento normativo che prevede più tutele e forme di inclusione. Un primo passo, una prima traccia di intervento che tutti si augurano sia in grado di incidere positivamente sul problema.

Una disciplina organica che auspicabilmente dovrebbe consentire di superare un approccio meramente emergenziale al problema, delineando un sistema nazionale di protezione e accoglienza in grado di rafforzare gli strumenti di tutela già garantiti dall’ordinamento, assicurando la necessaria omogeneità nell’applicazione delle disposizioni in tutto il territorio nazionale.

Ma a questa legge deve riuscire ad accompagnarsi uno sforzo più generale da parte della nostra società.

Qualcuno più autorevole di me ha scritto che le parole immigrato, profugo, richiedente asilo, rifugiato, rom, residente straniero possono diventare marchi di sospetto e persino d’infamia nell’Italia di oggi.

Una deriva pericolosa alla quale occorre continuare a contrapporre una cultura dell’accoglienza e della solidarietà che consenta di poter lenire le tante storie di sofferenze e di umiliazioni che queste giovanissime persone già recano con loro.

Non possiamo chiudere le nostre case, e prima ancora i nostri cuori, a quanti fuggono da guerre, persecuzioni, conflitti e che hanno visto pesantemente violati i propri diritti umani.

Non possiamo fingere che non esistano, questi minori, provando ad allontanarli dal nostro orizzonte esistenziale. La loro pena, così indicibile, non deve diventare anche invisibile. Loro stessi non debbono diventare invisibili.

Semplicemente, non possiamo permettercelo. Perché altrimenti sprofonderemo in un abisso di barbarie senza fine.



 


Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI