Leggi giuste per un Paese in cerca di normalità

___________________________________di Dino Perrone

 

Si è calcolato che, fra normative e regolamenti vari, una impresa impiega più di 260 giorni per adempiere a tutte le richieste dello Stato. Un tempo enorme che finisce per avere ricadute negative in termini di efficienza aziendale.

Cari associati,
l’enorme mole legislativa che caratterizza l’Italia continua a rendere particolarmente faticoso l’operare quotidiano degli imprenditori.
Infatti, al di là dei ricorrenti quanto sbandierati buoni propositi, nel nostro Paese rimane sempre accidentata ed impervia la strada che dovrebbe condurre ad una effettiva semplificazione delle procedure.
Si è calcolato che una impresa impiega più di 260 giorni per adempiere alle richieste dello Stato. Un tempo enorme, al quale ovviamente non è possibile sottrarsi ma che troppo spesso non viene adeguatamente ‘ricompensato’ dallo stesso Stato in termini di servizi resi.
Occorre uscire al più presto da questa situazione che determina effetti negativi sulla tenuta dell’intero sistema produttivo italiano.
E’ un invito che a nome dell’Acai mi sento di rivolgere ancora una volta a tutte le forze politiche, perché l’ipertrofia legislativa non può continuare ad appesantire il futuro del Paese.
Un Paese nel quale, come denunziato qualche anno fa in un libro del giornalista Luigi Furini non privo di grottesca ironia, risulta complicato persino aprire una pizzeria.
In questo contesto, parlare in Italia di economia globale, di dinamiche internazionali, di superamento di logiche meramente corporative e ‘domestiche’, rischia di essere un esercizio inutilmente retorico.
Eliminare norme bizantine, di difficile interpretazione e di ancora più ondivaga applicazione, deve costituire quindi un obiettivo irrinunciabile per una classe dirigente che voglia davvero dimostrare di essere a contatto con la poliforme e caleidoscopica realtà nella quale siamo immersi.
Certo, mi rendo conto che bisogna superare incrostazioni diffuse, resistendo alle spinte regressive presenti in troppi settori. C’è infatti una quota di Paese che, protetta appunto dall’eccessiva congerie di norme e procedure,  ritiene comodo continuare in questa situazione di immobilismo per mettere al riparo i propri interessi.
Ma questa quota guarda al passato. E soprattutto persegue solo obiettivi di corto raggio, riflesso di un Paese antico che non dovrebbe suscitare alcun entusiasmo.
Una Italia autenticamente moderna, invece, dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
Ed una Italia moderna si costruisce anche rendendo più lieve e meno acre l’esistenza anzitutto dei suoi cittadini, ma anche delle imprese.
Ciò è possibile farlo maturando la consapevolezza che non servono sempre più norme.
Servono solo quelle necessarie.
Norme chiare, di pacifica interpretazione ed applicazione. Norme giuste.
Le nostre imprese si trovano a dover contrastare problemi di straordinaria complessità. Dalla mancanza o comunque inadeguatezza di ammortizzatori sociali per le piccole e medie realtà produttive alla complessità della disciplina fiscale, dalle aliquote sui redditi che frenano i consumi ai costi eccessivi di un sistema dei trasporti che in troppe realtà presenta ancora tratti ottocenteschi.
A tutto questo non può aggiungersi un groviglio normativo che non semplifica ma semmai complica il quadro d’insieme, specie se collegato con un prelievo fiscale che certo non tende a premiare chi produce e rischia in proprio.
In tal senso, il balletto in corso in queste settimane circa il futuro dell’Irap non aiuta a dissipare le nubi che gravano sulle nostre aziende.
L’uscita dalla crisi internazionale e la ripresa dell’economia passano necessariamente attraverso il rilancio delle imprese.
Bisogna metterle in condizione di restare sul mercato, di espandersi, produrre ricchezza, distribuire lavoro.
E per farlo, più che a nuove leggi occorre far ricorso a politiche realmente innovative e lungimiranti. Politiche capaci di snellire e sveltire ciò che oggi appare inutilmente mastodontico e lento.
Solo in tal modo si possono poi rilanciare i consumi delle famiglie italiane che hanno registrato, in questi mesi, una drammatica contrazione persino riguardo ai beni di prima necessità, a cominciare dai prodotti alimentari.
E’ questo che si attendono i nostri artigiani ed i piccoli imprenditori da una classe politica che non può non avvertire il peso delle proprie responsabilità.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

Archivio