Le incognite della ripartenza

Diario Italiano di Dino Perrone

Si riparte, almeno si spera.

Si riparte dopo un periodo feriale che ha lasciato non poche polemiche in ordine alla strategia di contenimento della pandemia.

Forse era inevitabile attendersi l’impennata della curva dei contagi dopo la ripresa della circolazione tra le regioni. Ora si tratta di tornare a tenere nuovamente fermi certi comportamenti sociali che non sono un capriccio ma una necessità a tutela della salute di tutti. Dunque ancora mascherine, distanziamento sociale, igiene personale.

E si tratta di aiutare l’economia a tenere in piedi un Paese che rischia invece di afflosciarsi come un sacco vuoto in attesa dell’aggiornamento, da parte del Governo, del quadro macroeconomico unitamente al piano di riforme ed investimenti che ci viene richiesto in sede europea per accedere agli stanziamenti del Recovery Fund che, per l’Italia, ammontano nel totale a 209 miliardi.

Come più volte ribadito in queste settimane dagli ambienti vicini alla maggioranza parlamentare, l’obiettivo è quello di riuscire ad utilizzare in maniera anticipata una parte di questi stanziamenti già nella prossima legge di bilancio.

Non sarà facile, ma ci si prova.

Resta il fatto che il grosso di questi stanziamenti, condizionati come detto ad un credibile piano di riforme che il Paese aspetta peraltro da decenni, cominceranno comunque ad affluire solo dalla prossima primavera.

Un periodo dilatato, troppo lungo, che mal si concilia con i tempi ben più contingentati della crisi in atto e con il rischio, purtroppo concreto, di dover fronteggiare una seconda ondata di contagi con l’approssimarsi dell’autunno.

La situazione è questa, densa di preoccupazioni per un Paese come il nostro che deve ancora sviluppare “anticorpi” adeguati anche sul fronte della tenuta sociale.

La pandemia ha infatti trasformato il nostro modo di vivere e di lavorare, con nuove sfide in diversi settori e realtà territoriali. E in un ambiente industriale sempre più complesso e volatile, le ricadute negative sono dietro l’angolo e potrebbero portare anche al deflagrare di tensioni sociali latenti.

E’ un rischio da tenere ben presente, per contenere il quale occorrono politiche monetarie e fiscali significative che vadano nel segno di un alleggerimento della pressione tributaria sulle famiglie, sui lavoratori e sulle imprese.

Insomma, su quei soggetti che hanno patito più di tutti gli effetti della decrescita di questi ultimi anni e sono stati colpiti con durezza dalla crisi di liquidità e dalle insicurezze della pandemia.

Secondo gli studi dell’Ocse, in appena tre mesi di pandemia l’Italia ha perso tutto quello che aveva guadagnato nei dieci anni successivi alla crisi economia del 2008. Ora si tratta di ricostruire, sempre secondo l’Ocse, mercati del lavoro più equi e resilienti. Anche in questo caso, non facile ma necessario.

E non facile ma necessario sarà anche agevolare lo smart working dove possibile, applicare standard di sicurezza e salute sul lavoro più aggiornati, adattare la cassa integrazione alla fase di auspicabile ripresa, rivedere l’accesso a prestazioni di sostegno al reddito per evitare l’inasprirsi della povertà, investire in politiche attive per la formazione professionale dei giovani.

Tutte sfide ineludibili.

Serve unità d’intenti per la fase che si apre. Serve la capacità di orientare le scelte. Serve rimettere in discussione, per superarli, modelli ormai inadeguati di sviluppo. Altrimenti la ripartenza non si concretizzerà e sarà una sconfitta per tutti.