L’arsura che continua ad attanagliare il Paese

________________________________di Dino Perrone

 

 

Lo stato di salute della nostra economia sta migliorando, pur in mezzo a tanti segnali contraddittori. Ed allora è forse il caso di non abbassare la guardia sul tema della formazione continua, la vera carta da giocare per tornare ad essere competitivi

Mezzo vuoto o mezzo pieno ?

E’ davvero singolare il destino del nostro  Paese, costretto a guardare il bicchiere dei dati economici ed a porsi sempre la stessa domanda. Mezzo vuoto o mezzo pieno, appunto.

Essere insomma pessimisti oppure ottimisti dinanzi all’alternarsi di cicli, indici e dati statistici che descrivono tutto ed il contrario di tutto e possono, pertanto, essere letti in un modo o nell’altro, in maniera diametralmente opposta.

Faccio alcuni esempi, per uscire dal vago.

L’andamento generale dell’economia è migliorato, e qui siamo ad osservare la parte piena del bicchiere.

Per converso, la domanda interna continua a non decollare. E qui si sprofonda rovinosamente nella parte vuota dello stesso bicchiere.

Ancora. Nella legge di Bilancio varata dal Consiglio dei ministri è previsto uno sconto fiscale fino a tremila euro per le aziende disposte ad assumere a tempo indeterminato un lavoratore al di sotto dei 35 anni per il 2018 ed un under 30 negli anni successivi. Costo previsto dell’operazione, 400 milioni di euro destinati ad aumentare nel tempo. Bicchiere mezzo pieno.

La parte “vuota” è rappresentata dal fatto che questo sconto fiscale, per essere “pieno”, è modulato su una retribuzione annua di diciannovemila euro che, tuttavia, allo stato copre solo il 30% dei nuovi assunti dal momento che il 70% dei salari dei giovani è al di sotto di questa soglia.

Ed allora a quale parte del bicchiere bisogna guardare ?

Di sicuro questa nuova decontribuzione, rispetto agli interventi precedenti, ha l’ambizione di essere strutturale e di mettere meglio a fuoco la platea dei destinatari.

E’ infatti destinata solo a fasce di età ben precise, nel mentre la decontribuzione precedente non faceva distinzioni anagrafiche, e ne possono beneficiare solo i giovani che non sono mai stati titolari di un assegno a tempo indeterminato, laddove in passato questa limitazione riguardava solo gli ultimi sei mesi.

Si tratta insomma di un provvedimento che forse guarda con più realismo allo stato dei conti ed alla situazione generale, strizzando meno l’occhio ai consensi in chiave elettorale.

Questo però non basta a considerare l’attuale legge di Bilancio idonea, nel suo complesso, a dare una sterzata positiva al percorso della ripresa. Sul punto infatti non stanno mancando le critiche sindacali, dure nei toni come nei contenuti. In particolare le obiezioni si concentrano sulla mancanza di interventi in tema di pensioni.

La decontribuzione, meglio modulata nei destinatari come negli importi, può rappresentare certo un volano per favorire nuova occupazione. Ma da sola non basta, non può bastare.

E qui sono costretto a tornare su un punto che ho affrontato già altre volte in passato e che continuo a considerare cruciale per il futuro occupazionale delle nuove generazioni.

Mi riferisco alla necessità di non far calare l’attenzione sul tema della formazione continua, sull’aggiornamento delle competenze professionali. E’ questo il vero discrimine tra una politica economica ed occupazionale di respiro corto, modulata magari solo sulle scadenze determinate dalle elezioni di vario livello, ed una visione invece più prospettica e sistemica. Una visione capace di guardare non solo all’immediato ed alle sue urgenze, ma in grado di predeterminare gli scenari futuri, indirizzandone i percorsi.

Su questo punto i segnali, purtroppo, restano ancora confusi. Basti pensare alle resistenze di vario tipo che stanno accompagnando il varo del bonus sulla formazione concepito dal ministro Carlo Calenda. Stiamo assistendo ad un intreccio di competenze che si sovrappongono tra Stato, Regioni e direttive europee che rischia di svuotare di significato, se non addirittura di stritolare sul nascere, uno strumento che invece potrebbe rivelarsi utilissimo per tornare ad essere competitivi su un mercato internazionale che non ammette improvvisazioni o ritardi.

E tutto possiamo consentirci, per far ripartire l’economia ed incrementare l’occupazione, tranne appunto improvvisazioni o ritardi.

Vuoto o pieno che lo si consideri, resta comunque la sgradevole sensazione che le dimensioni di questo bicchiere che siamo chiamati ad osservare, ed in cui è contenuta la nostra economia, siano sempre troppo piccole e, dunque, non sufficienti a rendere meno lieve l’arsura che da troppo tempo attanaglia il nostro Paese.



 


Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI