La solitudine racchiusa in un palmare

________________________________di Dino Perrone

 

L’uso compulsivo delle nuove tecnologie di comunicazione a distanza aumenta o diminuisce la nostra capacità di gestire le relazioni umane ? E’ un interrogativo di grande attualità in tempi come i nostri, caratterizzati da un frastuono sempre più vorticoso e vuoto

Ci avete fatto caso, vero ?

Non può essere altrimenti. Ci facciamo caso tutti, ogni giorno. Anche perché tutti contribuiamo al fenomeno. Tutti ne siamo attori più o meno consapevoli e compulsivi.

Di cosa sto parlando ?

Del fatto che, in questi anni contrassegnati da un incremento vorticoso delle varie forme di connessioni digitali, siamo sempre aggrappati al cellulare, allo  smartphone o allo schermo di un computer, in perenne contatto con altri individui, spesso sconosciuti, comunque fisicamente lontani da noi.

Potenza geometrica dei social-network  e delle nuove tecnologie che, con parole scritte o immagini, ci danno la sensazione di essere sempre collegati a qualcuno. Di avere tutti a portata di mano, o meglio di palmare.

Attraversiamo in tal modo le nostre giornate più o meno indaffarate sempre in contatto con qualcuno. Ma questo qualcuno non è mai vicino a noi. E’ sempre distante, lontano. Eppure, nel contempo, è sempre così vicino da poter essere ghermito, ogni momento, dalla nostra attenzione.

E’ la definitiva sconfitta della solitudine, si direbbe.

Non c’è scoglio isolato sul quale ripararsi dall’onda invadente degli altri. Non c’è oasi di silenzio dove poter raccogliere i propri pensieri senza doverli per forza interrompere dall’arrivo di una telefonata, un messaggio, un avviso di chiamata.

Sconfitta della solitudine, allora ?

Io credo esattamente il contrario. Credo cioè che proprio la solitudine stia diventando la nuova epidemia di questi nostri tempi frammentati e pieni di vuoto frastuono.

Credo insomma che l’uso smodato, addirittura compulsivo, dei social-network e di ogni tipo di comunicazione a distanza ci stia rendendo paradossalmente sempre più soli e isolati perché ci porta a diminuire il tempo da dedicare agli incontri reali.

Guardiamo infatti il rovescio della medaglia.

Ci illudiamo di poter soddisfare il bisogno di compagnia con una semplice connessione in banda larga, con un banalissimo click, con una foto da postare sul cellulare. Utilizzando questi strumenti arricchiamo il nostro vocabolario di nuovi termini, di tecnicismi, di anglicismi che rappresentano uno dei tanti segni di un mondo globalizzato. Ma impoveriamo la nostra capacità di dedicarci davvero agli altri.

Non li ignoriamo, questo no. Ma li teniamo a debita distanza. Come del resto fanno loro con noi. Tutti vicini e raggiungibili, ma solo in maniera virtuale.

L’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, oltre a darci l’impressione di poter raggiungere immediatamente chi vogliamo e quando lo vogliamo, ci porta a ritenere di poter sempre scegliere con chi trascorrere un po’ di tempo senza doverlo prima sprecare in appuntamenti e spostamenti.

Ma questa, a mio avviso, è solo una illusoria quanto pericolosa scorciatoia.

La nostra vita ha infatti bisogno di più tempo, non di meno tempo. Tempo per l’incontro, tempo per l’ascolto, tempo per sguardi e convenevoli, tempo per non aver paura dei silenzi come dei congedi. Tempo insomma per vivere uno scambio reale di calore umano.

Stiamo invece correndo il rischio, attaccati come siamo tutti ad una sorta di gigantesco guinzaglio tecnologico, di perdere la competenza a gestire gli incontri ed i rapporti. Quelli reali a volte ci appaiono più poveri e meno stimolanti del previsto se confrontati con quelli virtuali.

Ed alla fine di questa strada, all’apparenza così stimolante e riposante, c’è altra solitudine. Profonda quanto indicibile.

Attraverso un semplice telefonino, infatti, ci si può non solo avvicinare agli altri, ma anche allontanarsi.

Ci si può proteggere dai rischi dell’impatto emotivo diretto, trovando una risposta solo apparente alle proprie insicurezze relazionali, alla paura del rifiuto ed ai sentimenti di insicurezza.

Hanno ragione quanti ritengono che bisognerebbe fare qualche esercizio quotidiano per non perdere le competenze relazionali, nella realtà non mediata da internet, perché le relazioni umane hanno bisogno di tempo ed esperienza per crescere e diventare qualcosa di veramente buono e indispensabile.

Siamo in perenne contatto con altri individui, ho scritto all’inizio. Questo lo notiamo tutti, ripeto. Ma vi lascio con qualche interrogativo.

Possibile che chi ci interessa davvero non è mai vicino a noi e rende sempre necessario raggiungerlo con una telefonata ? Possibile che la soluzione, o perlomeno un parziale sollievo ai nostri bisogni ed alla nostra solitudine, non passi mai attraverso chi ci è accanto in questo momento ?

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI