La quotidiana preghiera laica del Paese

________________________________di Dino Perrone

 

La legge di Stabilità ha l’obiettivo dichiarato di ridestare l’economia italiana. Compito non facile, tenendo a mente le logiche divisive dei partiti e gli stessi vincoli comunitari. Ma bisogna sempre ricordarsi che è proprio il lavoro il collante necessario a tenere insieme l’Italia

Forse è proprio il caso, in questa alba del 2016, di tornare a porsi seriamente l’interrogativo su cosa è, o almeno dovrebbe essere, un Paese.

Credo che un Paese sia anche, se non soprattutto, il suo lavoro.

E quando parlo di lavoro mi riferisco alle maestranze, alle imprese, alle professionalità diffuse, alle classi dirigenti di ogni livello che ne definiscono le strutture economiche e finanziarie. E ho in mente i volti, certo anonimi ma non per questo meno importanti, di tutte le donne e di tutti gli uomini che ogni giorno, instancabilmente, mettono i propri abiti da lavoro o vanno in ufficio e si siedono dietro alle scrivanie.

Un Paese è questo. Ed il lavoro è la sua laica preghiera da poter recitare quotidianamente.

Purtroppo però oggi questa preghiera esprime solo un desiderio e spesso, ancora troppo spesso, il lavoro viene mortificato.

Qualcuno vorrebbe indurre tutti ad esultare per la piccola inversione di tendenza registrata, negli ultimi mesi, sul fronte della crescita. E’ vero, statistiche alla mano siamo tornati a crescere. Ma restiamo pur sempre il Paese degli incrementi percentuali da prefisso telefonico. Fino a quando continueremo ad essere l’Italia dello zero virgola preceduto dal segno più, credetemi, non andremo lontano.

Andremo solo piano. E le altre economie continueranno a distanziarci.

Tutto questo non significa che qualcosa di buono non sia stato fatto. Il premier Renzi, con il suo esecutivo, qualcosa ha comunque portato a casa. Delle riforme importanti sono state portate a compimento ed altre, parimenti di rilievo, sono già in agenda. Sarebbe ingiusto ed ingeneroso non prenderne atto.

Ma resta la percezione che il percorso da compiere è ancora assai lungo ed i tempi di percorrenza non adeguati alla distanza da coprire.

Resta, soprattutto, la sensazione che l’enorme portata dei problemi da affrontare richiede uno “spirito realizzatore”, per richiamare un concetto caro ad Alcide De Gasperi, che oggi non sembra albergare stabilmente tra le forze in campo.

Le logiche divisive che ispirano le scelte dei partiti, di maggioranza come di opposizione, fanno a pugni con quello spirito inclusivo che invece sarebbe adesso quanto mai necessario per consentire di lavorare in profondità per cambiare in meglio le cose.

Il rischio è quello del piccolo cabotaggio, se non proprio della paralisi. L’incrociarsi dei veti porta a smarrire la possibilità di individuare un terreno comune dove radunare, attorno ad una idea di Paese davvero condivisa, società e tessuto civile, lavoro ed impresa, cultura e politica, competenze e conoscenze.

La legge di Stabilità, che in coda all’anno appena salutato ha concluso il suo iter parlamentare, è stata concepita secondo una logica ritenuta giustamente espansiva, nonostante sia rimasta piuttosto timida in tema di tagli alla spesa improduttiva. Ed in questa logica espansiva vanno letti il ricorso ai maxi-ammortamenti per favorire gli investimenti in macchinari delle aziende, nonché i meccanismi per consentire una uscita meno traumatica dalla decontribuzione per i contratti a tutele crescenti.

A questa stessa logica possiamo iscrivere anche la decisione di abolire la tassa sulla prima casa. Un pacchetto di provvedimenti, quindi, tutti in favore di famiglie ed imprese con l’obiettivo dichiarato di rendere possibile una ripresa significativa della domanda interna e dell’occupazione.

Scelte che dimostrano di voler credere alle capacità dell’Italia di rimettersi in piedi. Scelte persino coraggiose, dal momento che stridono con l’impostazione fin troppo rigorista degli ambienti europei e che, in primavera, proprio l’Europa potrebbe chiederci di rivedere. Scelte dunque che, per questo, dovranno essere difese a Strasburgo e Bruxelles attraverso un sistema di relazioni ed alleanze che è auspicabile sia già stato messo in cantiere.

Ed allora la nostra preghiera laica per questo 2016 che si apre comunque alle speranze di ognuno è che il lavoro, ogni lavoro, nei prossimi dodici mesi venga sempre più valorizzato.

Perché un Paese, ripeto, è il suo lavoro. E’ questo il collante necessario a mantenerci uniti.

Un Paese senza vocazione per il lavoro è solo una comunità disordinata e caotica, tenuta insieme solo da interessi e convenienze di corto respiro.

 

 

 

 

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI