Innovazione e sicurezza al centro della nuova cultura d’impresa

___________________________________di Dino Perrone

 

Attenzione non solo ai profitti, ma anche alla sostenibilità del sistema. Questa la sfida che bisogna saper affrontare per rilanciare l’assetto imprenditoriale italiano.

Cari associati,
nonostante tutto, dal mondo delle piccole e medie imprese italiane continuano a giungere segnali positivi.
Essi sono ancor più preziosi perché arrivano quando ancora la crisi economica morde i polpacci dell’intero sistema produttivo, rallentandone il cammino.
Mi riferisco in particolare all’attenzione crescente che i nostri imprenditori mostrano di avere nei confronti del tema della sostenibilità, correttamente intesa come responsabilità sociale e solidale dell’impresa.
Un responsabilità sulla quale non a caso la Dottrina Sociale della Chiesa si è lungamente soffermata, invitando gli imprenditori a non perseguire unicamente obiettivi di mero profitto ma a rendersi protagonisti a tutto tondo del compito di edificare una società più giusta ed equa.
E’ perciò confortante notare come, anche in un periodo di aspre contraddizioni come questo, i nostri imprenditori abbiano mantenuto in agenda tematiche quali la tutela dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro e dell’efficienza energetica.
Certo, rimane la necessità primaria di ridurre i costi e di incrementare i ricavi. Ma questo obiettivo non viene perseguito attraverso il sacrificio di altre ‘voci’ che interessano non tanto l’impresa in sé ma la collettività circostante.
In questa ottica, è particolarmente significativo notare come la certificazione di sistemi di gestione per l’ambiente e la sicurezza venga vista dai nostri imprenditori come elemento di garanzia verso il mercato e la società.
Credo si tratti di un significativo segnale di maturità che merita di essere adeguatamente sottolineato.
A mio parere l’impresa italiana, specie quella di medie e piccole dimensioni, sta dimostrando di aver capito la lezione che ci lascia in eredità questo lungo periodo di crisi finanziaria.
Una lezione che chiama in causa appunto il valore del lavoro, il suo intrinseco profilo etico, la sua prevalenza su certe disinvolte alchimie finanziarie.
Una lezione che però, per essere compiutamente intesa, non può prescindere dall’affermazione appunto di una ineludibile responsabilità sociale di tutti gli attori del nostro sistema economico.
E’ interesse di tutti avere imprese che siano sicure e non inquinanti. Imprese nelle quali sia stata adeguatamente favorita una cultura della sicurezza che trovi anzitutto nella prevenzione, piuttosto che nella sanzione, il suo momento fondativo.
E’ interesse del Paese che le nostre aziende abbiano la capacità di dedicare le proprie migliori energie e risorse al tema dell’innovazione. Infatti, dati alla mano, è dimostrato che chi scommette sull’innovazione ottiene risultati di gran lunga superiori alla media del mercato.
Solo in tal modo si può restare competitivi, senza abdicare ai propri valori di fondo, ma rispondendo anzi a quella che per gli imprenditori di ispirazione cristiana resta una esigenza di fondo. Quella cioè di mettere a disposizione di tutti la propria ricchezza, non semplicemente di accumularla.
Investire in ricerca, puntare sulle vere innovazioni, acquisire vantaggi competitivi sulla concorrenza, avviare forme di impresa sostenibile. E’ questa la strada maestra per uscire dalla crisi del mercato.
E’ questo il modo corretto per trasformare la crisi in un acceleratore di virtuose trasformazioni, senza far prevalere nelle aziende una strategia meramente difensiva e di conservazione.
Le più recenti indagini statistiche ci dicono che migliaia di imprese, in Italia, sono interessate a processi tecnologici aventi l’obiettivo di migliorare l’efficienza, puntando anche a nuove forme di aggregazione.
Certo, restano le arretratezze del nostro sistema Paese, il divario territoriale troppo marcato, le lungaggini burocratiche, i bizantinismi insiti in certe procedure.
Tutto ciò rallenta il cammino, come e forse persino più della stessa crisi.
Ma è consolante in ogni caso che queste tematiche, che certo non sono estranee alla storia ed all’impegno dell’Acai, siano diventate, nel corso di questi anni, patrimonio del comune sentire dell’imprenditoria italiana.

Dino Perrone
Presidente nazionale ACAI 


 

 

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