Anno nuovo, Paese vecchio

___________________________________di Dino Perrone

 
Diamo il benvenuto al 2013, ben sapendo che ci attendono mesi difficili nei quali sarà  messa alla prova la coesione di una società  italiana che invecchia rapidamente, aspettando da troppo tempo una credibile soluzione ai tanti problemi che ne rallentano il passo  

Il nuovo anno si è affacciato su un Paese, il nostro, dalle tempie sempre pi๠grigie, se non addirittura bianche.
L’ultimo dato messo a disposizione dall’Istat ci dice, infatti, che l’età  media della nostra popolazione è di 43 anni, ma che ormai il 20% degli italiani ne ha pi๠di 60 e che gli ultracentenari sono addirittura triplicati negli ultimi dieci anni.
Segno, quest’ultimo, che da noi si vive senz’altro pi๠a lungo rispetto al passato. Tutto da dimostrare, perà², è che si viva anche meglio.
Anzi, tantissimi episodi di cronaca che vedono per vittime di abusi e dimenticanze proprio gli anziani inducono a ritenere il contrario e ad abbandonare, quindi, qualsiasi forma di facile ottimismo circa l’effettiva condizione della terza età  nel nostro Paese.
E’ poi interessante notare che, oltre agli ultracentenari, sono triplicati anche gli stranieri, la cui popolazione residente supera adesso i quattro milioni.
Dinanzi a questi dati, che raccontano di una Nazione nel contempo anziana e multietnica e nella quale gli italiani diminuiscono anche perché fanno sempre meno figli, si appalesa tutta l’urgenza di avviare nuove e pi๠incisive politiche in tema di famiglia, welfare ed accoglienza.
Non possiamo infatti rassegnarci ad essere un Paese che invecchia lasciando le culle vuote. Un Paese che per ringiovanire e crescere demograficamente si affida in larga misura agli immigrati, continuando tuttavia a lasciare questi ultimi ancora molto lontani da un pieno esercizio del diritto di cittadinanza.
Queste politiche, ripetiamo, in tema di famiglia, welfare ed accoglienza sono finora sono mancate. E neppure l’ultimo governo, quello nato all’insegna della sobrietà  e guidato da un professor Monti non ancora “salito in politica” ma orgogliosamente ancorato alla propria dimensione “tecnica”, ha mostrato di essere adeguatamente attento al problema.
Il guaio è che non siamo solo un Paese vecchio.
Prima ancora che vecchio, siamo soprattutto un Paese sfibrato. Profondamente sfiduciato. Radicalmente disilluso.
Un Paese al quale questo neonato 2013 porterà  in dote una pressione fiscale che si attesterà  intorno al 44% del Prodotto interno lordo, con un prelievo effettivo per le imprese che in molti casi schizzerà  addirittura al 65%. Numeri, tutti questi, che segano le gambe a qualsiasi seria prospettiva di crescita e che alla lunga minano la stessa coesione sociale.
Numeri da brivido che certificano il fallimento di un ceto politico anch’esso oramai precocemente invecchiato sotto il peso della demagogia e del populismo da cui nessuno schieramento puಠdirsi del tutto immune.
Un ceto politico distante dalla fatica quotidiana delle famiglie di fronte alla crisi ed incapace di lenire le ferite profonde che questa stessa crisi ha inferto al sistema imprenditoriale.
Personalmente vorrei vivere in un Paese nel quale, oltre alle persone, riescano felicemente ad invecchiare, nel senso di riuscire a durare sul mercato, anche le imprese.
Oggi avviene l’esatto contrario. Troppe nostre imprese muoiono giovani, alcune già  nella culla. Tutte asfissiate da un peso fiscale eccessivo, da un sistema tributario dai tratti bizantini, da una spesa pubblica improduttiva che non si riesce a contenere, da vincoli burocratici che rappresentano tanti ostacoli alla libera intrapresa.
Vorrei vivere in un Paese capace di interventi strutturali importanti, senza accartocciarsi sulla logica del perenne rinvio delle questioni sul tappeto.
Un Paese in grado di favorire una solida politica industriale e pronto ad investire sul proprio capitale umano.
Questo Paese è purtroppo ancora molto lontano dal palesarsi in maniera compiuta.
C’è solo da augurarsi che l’oramai prossimo voto per le elezioni politiche contribuisca almeno a delinearne i contorni in maniera pi๠netta. C’è da confidare, insomma, ancora una volta nella capacità  di discernimento di noi italiani.
Se ciಠnon dovesse accadere, questo neonato 2013 si dimostrerà  già  vecchio come il Paese sul quale si è affacciato. E soprattutto noi continueremo a misurarci con una società  che, non avendo memoria per il passato, vive senza identità  nel presente e, quel che è peggio, non ha pi๠alcun senso del proprio futuro.

Dino Perrone

Presidente Nazionale ACAI